Tutti titolari: da Bernardeschi a Emerson, l’Italia non va mai “in riserva”

Il mantra di Mancini non è mai stato retorica: nel girone ha utilizzato 25 giocatori sui 26 della rosa. Il bianconero decisivo dal dischetto, l’italo-brasiliano è stato gettato nella mischia dopo il k.o. di Spinazzola

Dal nostro inviato Marco Pasotto

12 luglio – londra

Se gli inglesi ci hanno inondato – salvo poi schiantarcisi proprio all’ultima curva – con il loro “football is coming home”, anche noi abbiamo un mantra che ci ha accompagnato per tutti gli Europei (anzi, anche da prima). Al quale, a differenza loro, siamo riusciti a tener fede fino al momento di alzare la coppa verso il cielo di Wembley. E’ il concetto dei “tutti titolari”, dei magnifici 26 con pari diritti, dignità e possibilità di impiego. E’ uno dei concetti cardine, un punto di partenza di qualsiasi squadra e, insomma, ovviamente alla fine non è davvero così. Però la filosofia è assolutamente quella e a Mancini e giocatori va riconosciuta una cosa: tutte le volte che hanno pronunciato le fatidiche due parole “tutti titolari” è stato perché ci credevano e non per la consueta (e stucchevole) retorica. D’altra parte il Mancio dopo tre sole partite – quelle del girone – aveva utilizzato già 25 uomini sui 26 a disposizione, con l’unica eccezione del terzo portiere Meret.

Un dato che supporta la democratica tesi del tutti utili e nessuno indispensabile. Fra coloro che sono scesi in campo nella finale di Wembley ce ne sono due che, in particolare, hanno toccato con mano due volte l’eden: vincendo gli Europei e assaporando il gusto di giocare la finale, o parte di essa, pur arrivando da un’annata in cui non sono riusciti a essere protagonisti nei club. E’ la grande bellezza della filosofia di Mancini: a fare la differenza non è il numero di presenze nelle squadre di appartenenza, bensì la funzionalità al progetto tattico.

bernardeschi

—  

Partiamo da lui perché ha lasciato tracce importanti soprattutto dal dischetto, quando la spunta soltanto chi sa governare la propria mente. Gol alla Spagna in semifinale, gol ieri. Rigori glaciali, che non danno gettoni nelle statistiche, ma pesano comunque come macigni. In questo torneo Federico è partito titolare soltanto una volta, contro il Galles nel girone quando eravamo già qualificati. Il resto è tre ingressi in corsa: 5 minuti nella prima sfida alla Turchia, 13 con la Spagna e i 34 ieri. Il bello di Fede, ovvero la cosa che Mancini apprezza di più, è che nel calcio del nostro c.t. può ricoprire tutti i ruoli dell’attacco: largo a destra, a sinistra e falso nove. Con grande spirito di adattamento. Ed è infatti ciò che è successo in questi Europei: davanti ha giocato ovunque, anche all’interno della stessa partita com’è successo in finale. E’ entrato al posto di Chiesa quando mancavano cinque minuti al 90’ e si è piazzato al centro dell’attacco, fra Berardi e Insigne. Poi, quando è uscito Lorenzo per Belotti all’alba dei supplementari, è stato dirottato a sinistra. Bernardeschi per Mancini è semplicemente uno dei migliori emblemi. Presenze stagionali nella Juve? Il numero è buono – 39 -, il minutaggio meno: 1445, con tante partite iniziate a guardare e poi morsicate in corso d’opera, ma senza riuscire a fare mai centro.

emerson

—  

Per sua sfortuna il confronto è schiacciante, opprimente: rimpiazzare Spinazzola significa cercare di far dimenticare il miglior terzino sinistro degli Europei. Ed è dura. Soprattutto quando arrivi da una stagione col club trascorsa per lo più a guardare. Lui non si è scomposto e Mancini nemmeno. Quando “Spina” ha alzato bandiera bianca, contro il Belgio, l’italo-brasiliano è entrato e ovviamente non è più uscito. Ben consapevole che sarebbe toccato a lui proprio nelle partite più importanti: gli ultimi minuti dei quarti e l’eventuale semifinale e finale. Insomma, è una bella botta di adrenalina e responsabilità. Emerson è diverso rispetto a Leonardo. Meno aggressivo e più riflessivo, diciamo. Contro la Spagna è andato a tanto così dal diventare l’eroe di serata, con un siluro di sinistro che ha picchiato contro la traversa. Ieri sera è stata la sua quarta partita degli Europei, la terza da titolare (c’è anche quella col Galles). Presenze col Chelsea? Un pianto greco: 15 tutto compreso (6 da titolare), di cui solo 2 in campionato. Però, in termini di bacheca, che stagione: campione d’Europa due volte, col club e con la Nazionale.

gli altri

—  

C’è poi un’altra categoria di riservisti – ma in questo caso parliamo soltanto di maglia azzurra – che hanno messo la firma nella finale. Ovvero che sono stati gettati nell’arena quando l’arena scottava, dal secondo tempo in avanti. E’ il caso di Berardi, che ha iniziato gli Europei da titolare indiscusso e ha poi dovuto cedere il passo agli strappi e all’autorevolezza di Chiesa. Di Belotti, che in teoria avrebbe dovuto essere in ballottaggio perenne con Immobile per la maglia da centravanti, ma ha perso subito le elezioni. Di Locatelli, che a un certo punto è parso insidiare persino sua maestà Verratti, senza alla fine riuscirci. E infine Cristante, che ha messo piede in sei delle sette partite, ma ce l’ha messo poco. A parte ieri sera, ovviamente. Ieri, è stata festa per tutti.

Precedente Mancini e Vialli, amici per sempre: storia di un cerchio che a Wembley si è chiuso Successivo Il successo... dietro al Mancio: ecco tutti gli uomini del c.t.