Tour de France, la lezione di Marc Cavendish, 2 tappe vinte: “Ero finito nel buco nero della depressione”

Tour de France, i corridori hanno detto basta. Con una protesta lampo che ha fatto il giro del mondo. Dopo la tre giorni di cadute e voli, di lacrime e sangue, di ritiri eccellenti e no, sono scesi dalle bici – il loro lavoro – e in lungo minuto hanno detto quel che andava detto.

Cioè: vogliamo più sicurezza per noi e per il pubblico, più rispetto per le nostre fatiche. No ad un Tour senza freni.

“Questo non è lo sport che vuole la gente“ hanno tuonato, a nome di tutti i veterani, Roglic ed Ewan. Due “caduti sul lavoro”. Lo sloveno urtato in un gruppo nervoso si è toccato con Colbrelli ed è volato via.  Poco dopo – a 5 km dalla linea d’arrivo – Jack Haig, uomo di classifica della Bahrain-Victorius, si schianta e va a casa.

Ancora: in volata Ewan tocca la ruota posteriore di Merlier, cade a 65 all’ora e travolge Sagan che lo segue. Verdetto per l’australiano: clavicola destra rotta e ritiro.

E non dimentichiamoci della caduta collettiva (prima tappa, almeno 50 corridori coinvolti)  per colpa di una sciagurata tifosa che con cartellone aveva invaso la sede stradale mentre arrivava il gruppo. L’Interpol è andata alla caccia della folle.

Buferone. Raffica di polemiche. Marc Madiot,  team manager della Groupama-Fdj, ci mette il carico: “Sono un padre di famiglia e non ho voglia di vedere mio figlio fare il ciclista dopo quello che stiamo vedendo. Dobbiamo cambiare, questo non è più ciclismo. Non è degno di questo sport. Se non cambiamo, avremo morti”.

Aggiunge Jonathan Vaughters ( Ef ): “Il Tour è l’unica corsa dell’anno dove nessuno usa i freni”.

 Va anche detto che certe tappe sono disegnate male. Sembra che gli organizzatori ignorino che non è più il ciclismo di una volta. Oggi la tecnologia ha trasformato le bici in siluri. In talune discese si sono sfiorati i 90 all’ora.

Follia al Tour

Negli ultimi chilometri poi c’è la bagarre per prendere le migliori posizioni, gli “ apri-pista “ rischiano l’osso del collo, è diventata una lotta di gladiatori. E, talvolta, ci sono strade strette, curve a gomito, spartitraffico. E i corridori sono professionisti pagati per vincere, non per frenare.

Servono percorsi adeguati. Sicuri. Senza le strettoie che impongono pericolose frenate. Sarebbe come fare la F1. su un circuito pericoloso e chiedere ai piloti di rallentare. Impossibile.

Già che ci sono mi piace citare una seconda lezione –  piccola o grande, fate  voi – che ci consegna questo Tour comunque sorprendente .

Una lezione di speranza dal Tour che serve a tutti

Eccola: Mark Cavendish, 36 anni, ha vinto la quarta e anche la quinta tappa della Grande Boucle con una volata strepitosa, vecchia maniera. Poi si è abbandonato ad un pianto liberatorio, non vinceva da cinque anni lui che è il “ re dello sprint “.

Lui che in carriera ha infilato 152 vittorie  tra cui un Mondiale ( 2011 ) e una Sanremo ( 2009 ). Perché quel pianto solo apparentemente esagerato? Lo ha spiegato lui stesso: “ Ero finito in un buco nero. Una terribile depressione. Ho avuto pensieri neri. Ma ne sono uscito, oltretutto senza medicine. È stato un periodo doloroso. E adesso sono qui. Incredibile. Spero che la mia storia dia speranza a chi è depresso “. Grazie Mark.

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