Torino, togliere quel gol è un insulto al calcio

TORINO – Allora: diamo pure per assodato che l’alluce destro di Pobega, al cross di Rodriguez, fosse in fuorigioco. Non lo è né lo sarebbe mai stato per oltre un secolo di calcio, durante il quale nessuno ha mai perso uno scudetto, si è mai visto rubare una coppa, ha mai recriminato per una partita nella quale si fosse segnato un gol mentre la punta della scarpa di un attaccante stava, nell’istante del passaggio, oltre il tacco dell’ultimo difensore. Ma così è, in base alle nuove – per quanto già invecchiate male – regole sull’offisde al tempo del Var. In cabina di regia, un computer tira sul campo delle righe virtuali e bon, se stai oltre stai oltre. Anche se, per dire, una volta arbitri e monitor smarrirono la retta via, le proiettarono storte e venne dato buono un gol, irregolare, di Kean allora al Verona. Chi era l’avversario? Be’, il Toro, chiaro.

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Il derby del 30 settembre 2007

Quello che già si era visto negare due reti stravalide di Berenguer perché gli arbitri con Bologna e Udinese avevano fischiato e fermato le azioni prima che queste si concludessero con il gol granata: avessero risparmiato, come da normative, il fiato di quel fischio, avrebbero poi verificato al Var la posizione regolare dello spagnolo. Ma transeat: inutile stare a menarsela in eterno con i torti subiti, altrimenti si impiegherebbe tutta la mezza settimana che separa dal derby. Il derby dove, en passant, nacque l’interpretazione “moderna” del fuorigioco, il 30 settembre 2007: lo juventino Trezeguet segnò al 93’ il destro della vittoria partendo tipo dieci metri oltre l’ultimo difensore sul rilancio di testa di Almiron, e nettamente al di là rimaneva anche mentre il pallone veniva deviato dal granata Dellafiore. L’arbitro Rocchi, serenamente, convalidò.

Contro il Venezia il Toro ha giocato male

Ora, per carità: quello fu solo uno dei due o tre mila derby persi dal Toro di Cairo, e strappare uno 0-0 lì non avrebbe cambiato la storia moderna di una sfida che ha via via smarrito il suo significato di fiera contrapposizione granata al potere bianconero. Così come il 2-2 scippato a Belotti col Venezia non avrebbe mutato il senso di una partita mal giocata dalla squadra di Juric. Non è quello il problema. Neppure il risultato, in assoluto, lo è, per quanto un punto in più per il Toro avrebbe certo comportato un approccio mentale ben differente al derby di venerdì. Né si deve far leva sulla mozione degli affetti ragionando sul valore e sul peso anche morale che quel gol avrebbe avuto per Belotti e tutto il mondo granata intorno: se un gol è irregolare è irregolare, chiunque lo segni, sia meritato o meno. Il problema è che quel gol NON ERA irregolare. Nemmeno stando alle regole e alle procedure del calcio moderno. Giua è stato chiamato al video per decidere, quale (teorico) giudice supremo, se Pobega avesse inciso sulla dinamica del gol.

Le parole di Casarin

Ha rimarcato di recente Casarin – uno che non ha arbitrato esattamente le disfide tra scapoli e ammogliati – che il fuorigioco diventa infrazione se chi parte in offside “partecipa con il gioco o contro l’avversario“; l’irregolarità si consuma “unicamente se si impedisce di giocare il pallone al rivale, contendendogli il pallone o tentando chiaramente di giocarlo“, con una “azione evidente che impatti sulla capacità dell’avversario“, come recita la regola numero 11 appunto del fuorigioco. Chiunque abbia giocato a calcio, ma anche solo non lo guardi con il paraocchi o accecato da qualche talebanismo, vede e capisce, a occhio nudo come al video, che Pobega con quel gol non c’entra niente. Caldara gli tira la maglia per tenersi in equilibrio mentre entrambi sono già in discesa e la palla incornata da Belotti – che aveva preso posizione un metro oltre il più vicino dei difendenti – stava già infilandosi all’incrocio.

I commenti dei tifosi

Ipotizzare che Caldara avrebbe potuto, in assenza di Pobega, impedire quella testata vincente al Gallo, significa non già essere in malafede o arbitri ipercorporativi o in tilt da pallone gestito dai computer: significa non capire un tubo di calcio. Quel calcio che, con quell’annullamento, è stato insultato. È stato un furto non al Toro o a Belotti. È stato un furto al calcio. Per tacere di quell’attesa assurda, snervante, mortificante: dieci minuti per stabilire se uno deve esultare o incavolarsi. Ci stanno togliendo anche quel brivido, che sia di piacere o di disperazione. Di sicuro è, o almeno era, di passione. Forse i padroni del vapore pensano che gli spettatori si arrapino per questi imbarazzanti teatrini. Ma a giudicare dai commenti che si leggono e sentono, la gente che ama il calcio – per qualunque squadra tifi – non ne può più […]

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