Tennis juniores/ Maria Vittoria Viviani: Us Open, è stato bello. Futuro da Top 50, ma non dimentico casa mia (esclusiva)

TENNIS JUNIORES: MARIA VITTORIA VIVIANI SI RACCONTA (ESCLUSIVA) – Diciassette anni, una carriera luminosa davanti a sè – nelle intenzioni e nelle speranze – e tanta consapevolezza della strada percorsa. Maria Vittoria Viviani è la faccia, o una delle facce, di un’Italia del tennis che cerca di ripartire dai giovani: gli Us Open non sono stati il miglior momento per il movimento azzurro, e le notizie migliori sono forse arrivate dalla pattuglia di juniores che si è presentata a Flushing Meadows. Tra di loro, Maria Vittoria Viviani: ha perso al primo turno delle qualificazioni – dalla tedesca Irina Cantos Siemers – ma è arrivata al 5-7 del tie break in un set, il secondo, durato 79 minuti ed è paciuta tanto da essere avvicinata da alcune università degli Stati Uniti. “Gli Us Open sono l’unico Slam juniores in cui le qualificazioni si giocano nello stesso posto del tabellone principale” ci ha raccontato, in esclusiva per IlSussidiario.net; significa Flushing Meadows, ha significato poter stare a contatto con i grandi di oggi. “Un giorno sono entrata in spogliatoio e mi sono trovata di fianco la Kerber” ha detto, appena rientrata da New York; forse ancora leggermente provata dal jet lag ma contenta e soddisfatta per l’esperienza. Da Lodi, dove è cresciuta e ha frequentato le scuole medie presso l’Istituto Canossa, si è trasferita a San Marino, all’Academy diretta da Giorgio Galimberti. Noi che l’abbiamo conosciuta non sappiamo se un giorno diventerà una star del tennis – di certo ce lo auguriamo – ma possiamo dire di una ragazza che ha ben presente da dove è arrivata e i sacrifici che ha fatto, fin dalla più tenera età, ma anche con la consapevolezza del cammino intrapreso. Ne è venuta fuori una bella chiacchierata su progetti e ambizioni, traguardi e difficoltà, e sul mondo del tennis juniores che può essere nuova linfa per il futuro.

Ci hanno raccontato che fino a pochi anni fa facevi i compiti in macchina andando e tornando dagli allenamenti, eppure avevi ottimi voti… E’ vero! (ride, NdR). Uscivo da scuola, mangiavo in macchina e studiavo. Mi pesava? Ovviamente un po’, ma ho sempre avuto ben chiaro quello che volevo: è stato un sacrificio, ma io volevo giocare a tennis e per questo ho sempre tenuto duro. A un certo punto fare questa vita è diventato impossibile…

E quindi ti sei trasferita a San Marino. Sì, in accademia; sono lì da settembre 2014 e mi trovo molto bene. Mi alleno 7 ore al giorno e inizierò tra poco l’ultimo anno di scuola superiore. 

I tuoi genitori hanno avuto un ruolo decisivo nella tua esperienza di tennista? Mi hanno sempre supportato e mi accompagnano nei miei viaggi; io ho iniziato a giocare a sei anni e mi è subito piaciuto. Nessuno mi ha mai obbligata, proseguire e tentare una carriera è sempre stata una decisione mia. A loro però devo tanto. Se posso aggiungere una cosa…

Prego. Quando torno a casa cerco sempre di stare con loro. Non sono di quelle che finiscono gli allenamenti e guardano tennis nelle restanti ore del giorno… a parte le “crisi di rigetto”, mi piace passare del tempo con la mia famiglia.

Puoi raccontarci quale è stata la tua esperienza agli Us Open? E’ stato bellissimo. Certo magari sul campo poteva andare meglio, ma la ragazza da cui ho perso ha superato le qualificazioni ed è entrata nel tabellone principale; e poi ho perso 7-5 al tie break… l’atmosfera in ogni caso è stata stupenda. Noi juniores avevamo accesso alle stesse strutture dei pro… trovarsi a mangiare di fianco a Wawrinka è stato davvero emozionante. Ho scambiato due parole con Flavia Pennetta, ho incontrato Roberta Vinci… davvero bello.

Era il tuo primo Slam? Sì; avrei avuto il ranking anche per andare a Wimbledon, ma ho preferito guadagnare i punti necessari per essere sicura di andare agli Us Open.

Nel futuro ce ne saranno altri? Nelle intenzioni sì: mi piacerebbe giocarli tutti. Andrò agli Australian Open, poi vorrei fare anche il Roland Garros. 

Agli Us Open, comunque, hai avuto una bella esperienza… Assolutamente. In più dopo il mio match una persona della Waco University, in Texas, mi ha fatto i complimenti, detto che li avevo colpiti tantissimo e che volevano un colloquio con me…

E’ la prima volta che ti capitava? Faccia a faccia sì, ma dal Texas avevo già ricevuto tre o quattro messaggi di università, e in generale ho una trentina di richieste da tutti gli Stati Uniti.

Parlando del tuo gioco, hai un colpo nel quale ti senti più forte o che comunque preferisci? Sicuramente il dritto: anche quando gioco nel doppio cerco sempre di mettermi dalla parte del dritto. 

Anche tu giochi il rovescio a due mani… 

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