Teatro e tortellini: c’era una volta Turkyilmaz, lo svizzero più italiano di sempre

Ovunque andava lo amavano, anche se poi la squadra andava male. Origini turche, l’amore di Corioni, un segreto per correre veloce e un gesto televisivo diventato cult: la storia di “Turchino”, califfo ovunque

Entrò nelle leggenda con un rutto clamoroso, di quelli che fanno tremare i vetri e imbarazzare i timidini. Lo fece esplodere in un concitato dopo-partita, mentre il collega Lajos Detari si offriva al rito delle interviste. Acquattato dietro una porta, Kubilay Turkyilmaz si esibì nell’emissione di aria più roboante nella storia dei rutti, poi comparve di sguincio, gonfio d’orgoglio (e probabilmente di bibite gassate), con un sorriso che sapeva di sberleffo. La Gialappa’s catturò il filmato in qualche emittente locale e lo propose a “Mai dire gol”. Fu così che il rutto divenne in un attimo il manifesto esistenziale di Turchino Turkyilmaz, come lo chiamavano i tre.

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