Tatuaggi, psicologia e tanta gavetta: c’è tutto Viola dietro il gol di tacco

Il capitano del Benevento, dopo l’esordio nella massima serie 12 anni fa, ora è arrivato alla piena maturazione. Tra studi e passioni extra campo il regista della Strega ha tanta voglia di stupire

Il gol di tacco al Bologna racconta tutto Nicolas Viola: istinto, tecnica, genialità. Il Diez del Benevento, quelle caratteristiche, le ha sempre avute: chi ha seguito un po’ la Serie B, fino all’anno scorso, sa che il calabrese è da tempo uno dei migliori centrocampisti del campionato cadetto. Appunto, fino all’anno scorso. Perché per Nicolas, regista dal piede sinistro delicatissimo, è arrivato finalmente il momento di imporsi in Serie A. E, fosse per lui, la A sarebbe solo un trampolino di lancio: “Poco dopo aver firmato col Benevento – disse l’anno scorso Pippo Inzaghi – iniziai a chiamare i giocatori per presentarmi. Nicolas mi impressionò per ambizione e determinazione: nei suoi piani non c’era solo l’immediato ritorno in A, ma anche la Nazionale”. Sky is the limit.

FORZA DI VOLONTÀ

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Per puntare all’azzurro, oltre a una grandissima determinazione, c’è bisogno anche di autostima. Viola gioca col 10 perché “è un numero che mi dà responsabilità, sono convinto di poterlo portare”. Ma non prendetelo per arrogante, anzi: “Da ragazzo ero chiuso, timido, silenzioso – ha detto in una recente intervista alla Gazzetta – un calabrese vero. I tatuaggi mi piacevano da allora, pensavo che il modo migliore per esprimermi fosse quello”. Quanti sono, però, non lo sa nemmeno lui, perché dopo il trentesimo ha smesso di contarli. Tra i tanti, ce n’è anche uno sul sopracciglio destro, con la scritta Unwanted: “Non cercato, come un segno del destino”: lì sotto c’è una cicatrice, segno indelebile di un’infanzia passata a giocare a pallone per strada. Non un’infanzia semplice: a 14 anni lo prende la Reggina, ma i suoi non possono accompagnarlo da Taurianova – dove vive – a Reggio. “Ogni giorno prendevo il pullman, mangiavo un panino e mi allenavo. Tornavo la sera tardi, da solo, spesso ho avuto paura”. La voglia però è più forte delle difficoltà: “Volevo solo fare il calciatore”, sulle tracce dei suoi idoli Riquelme, Recoba e Redondo. “Ma quello che mi ha insegnato di più il ruolo è stato Pirlo”.

STUDI

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I tatuaggi raccontano la sua storia, dicevamo, e allora si capisce perché sulla gamba sinistra (quella con cui calcia) ce ne sia uno con Sigmund Freud: “Studio psicologia all’Università del Sannio. A Reggio mi sono diplomato ragioniere, da qualche anno ho iniziato il corso di laurea e a ottobre potrei finire. La psicanalisi mi permette di migliorarmi, e io penso sempre a come migliorarmi”. Non solo libri universitari: “Leggo tanto, dai romanzi ai testi di calcio”, e poi c’è il rock, “Nirvana, Pink Floyd e Jim Morrison”. Non prendetelo però per uno serioso: su Instagram ha immortalato il suo gol di tacco al Bologna con una citazione presa direttamente da… Maccio Capatonda: “Esistono storie che non esistono”. Il serio e il faceto.

CARRIERA IN SALITA

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Per Viola, c’è da precisarlo, non si tratta della prima stagione in Serie A. L’esordio risale a 12 anni fa, stagione 2008/09 con la Reggina: 5 presenze. Poi, nel 2012/13, 6 partite col Palermo. Infine, sempre col Benevento, 24 gare (e 2 gol) nella prima annata in A dei sanniti, quella conclusa all’ultimo posto nel 2017/18. In mezzo, tantissima Serie B (Reggina, Ternana e Novara prima dei giallorossi). Per la prima volta in carriera, però, il centrocampista classe ’90 è finalmente protagonista ad alti livelli, in una stagione peraltro pesantemente condizionata dal lento recupero dopo un infortunio. Fermato a marzo 2020 nel periodo più prolifico della sua carriera (9 gol in 27 presenze fino a quel momento), per una pulizia del menisco che ha portato anche a fastidi muscolari, Viola è tornato in campo solo il 22 gennaio contro il Torino (con la fascia da capitano al braccio), andando a segno su rigore. Da allora non è più uscito dal campo, e con due reti ha già eguagliato il suo record in Serie A. Merito anche di un ambiente che lo ha subito fatto sentire a casa: “Questa città mi ha adottato, non ho mai pensato di andare via da Benevento”. Di sicuro, difficilmente lascerà la Serie A.

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