Tanta velocità, poca passione: il Mondiale in Qatar visto da vicino

Gli stadi come astronavi, poco interesse per una manifestazione vissuta come occasione di business. E stasera tocca a Tim Weah: papà non ha mai giocato un Mondiale

Fast, fast, fast. Veloce, veloce, veloce. Venti minuti scarsi per uscire dall’aeroporto, controllo passaporti e ritiro bagagli inclusi nel percorso. Pochi minuti di attesa per un’auto Uber, più difficile reperire i taxi. Dieci minuti per accreditarsi al Fifa Center. Il miraggio della velocità. Il Mondiale in Qatar fila via rapido, l’importante è smaltire, snellire, semplificare. Gli stadi sembrano miraggi veri, astronavi nei deserti. Le persone non paiono interessate alla manifestazione, vissuto come occasione di business, senza passione. Non c’è grande tradizione calcistica in Qatar e la sconfitta contro l’Ecuador ha azzerato tutti i bei discorsi sulla crescita del movimento qatariota. A proposito non si capisce se in italiano si dica qatariota o qatarino. La Crusca opta per qatariota, sul sito dell’ambasciata italiana a Doha si legge qatarino. Qualcuno suggerisce una terza via: qatariano, che suona un po’ come marziano. Ci sta, siamo immersi in un Mondiale lunare.

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