Tammy, tutto storto: viaggio nella crisi di Abraham

ROMA – Tammy Abraham ha scoperto nella nottataccia di Bergamo quanto dev’essere crudele la “legge di Murphy”, insieme a tutti i suoi paradossi. Perché nei momenti di crisi, se una cosa può andar storta… beh c’è da essere quasi certi che prenderà la direzione sbagliata.

Serata-no

Tante cose ieri sera non sono andate per il verso giusto. E il centravanti inglese le ha subite praticamente tutte. La prima: quel pallone che si è fatto “scippare” da Scalvini e Zappacosta in una zona talmente delicata del campo da generare come conseguenza diretta l’uno a zero dei bergamaschi. La seconda: quel tiro alle stelle da buona posizione, dopo una ripartenza, alla fine del primo tempo; avesse centrato la porta come ai vecchi tempi, sarebbe cambiata forse la storia della partita. La terza: sul calcio d’angolo del bis atalantino, Abraham è saltato per prendere il pallone di testa ma lo ha lisciato per pochi centimetri, aprendo il valzer degli errori collettivi romanisti finché la sfera non è entrata dentro la porta. La sua partita è finita dopo 81 minuti e nella sfortuna c’è stato pure spazio per un altro gentilissimo omaggio della malasorte: sessanta secondi dopo la sua uscita dal campo, la Roma ha trovato con una bella combinazione offensiva il gol della speranza di Pellegrini, prima che l’inaspettata papera di Rui Patricio richiudesse i giochi. Ma siccome il calcio è un gioco di squadra, anche i momenti-no di un singolo calciatore sono sempre figli di questioni più ampie: Abraham ieri sera ha toccato solo 7 palloni dentro l’area di rigore avversaria e il suo dato di expected goals è stato di 0,23, andando al tiro appena tre volte. Ha giocato contro difensori veloci e fisicamente strutturati, dando spesso la sensazione di girare a vuoto per andarsi a cercare lo spazio.

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Numeri

Il 25enne sta vivendo una stagione problematica. E la sua titolarità non è più certa come lo era ad esempio dodici mesi fa. Da inizio marzo, non a caso, è rimasto fuori dalla formazione anti-Juve, nel derby con la Lazio, a Torino e con l’Udinese, ma anche nei due ritorni europei contro la Real Sociedad (ottavi) e il Feyenoord (quarti), dove Mourinho gli ha preferito Belotti. Poi ci sono i numeri: su 44 gare giocate fin qui, Abraham ha segnato 8 volte, con 7 centri in campionato. Nella prima stagione capitolina le reti furono ben 27, di cui 9 in Conference, e di questi tempi aveva già esultato 24 volte, candidandosi a un posto in nazionale per il Mondiale in Qatar. Oggi il nome di Tammy sembra essere scomparso dal taccuino di Southgate. Il gol di domenica scorsa contro l’Udinese sembrava poter invertire la ruota della negatività, nonostante un’accoglienza piuttosto fredda del pubblico (qualche fischio al suo ingresso in campo si è sentito…). Una sola rete in due mesi e mezzo però – contro l’Empoli il 4 febbraio – sono il segnale più evidente che qualcosa non sta girando per il verso giusto. Se poi a questa astinenza andiamo ad aggiungere quella dell’altro centravanti (Belotti è a zero gol in Serie A), emerge un quadro sconsolante: tra le big del campionato in lotta per le zone di prestigio, la Roma è l’unica a non raggiungere la doppia cifra sommando i gol dei suoi due centravanti di ruolo. Il Napoli è a quota 24 (Osimhen-Simeone), la Lazio a 17 con un titolare e un “falso nove” (Immobile-Felipe Anderson), la Juventus a 14 nonostante gli infortuni (Vlahovic-Milik), il Milan a 10 sempre con problemi di infermeria (Giroud-Origi) e l’Inter a 20 (Lautaro-Lukaku). La Roma è ferma a 7: i 7 di Tammy. E dalla sua rinascita passa necessariamente la speranza di raggiungere la Champions.


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