Sukur, Emre e Okan prima di Calhanoglu: quando all’Inter succedono cose turche

L’attaccante segnò in un derby ma deluse ed è scappato da Erdogan. Belozoglu, il “Maradona del Bosforo” era intermittente. Buruk tra corse e infortuni

Tre città per quattro turchi: Istanbul, Adapazari e Mannheim, con quest’ultima a 2800 chilometri da Ankara. Calhanoglu è nato lì, in Germania, gli altri tutti in Turchia. Emre e Okan Buruk sul Bosforo, Hakan Sukur un paio di distretti più in là. L’ex 10 rossonero sarà il quarto calciatore turco a giocare nell’Inter, il sesto considerando anche Caner Erkin e Umit Davala, che però non hanno mai disputato una gara ufficiale. Il primo è durato tre mesi, il secondo una settimana. Gli altri, tra lob improvvisi, corse nei boschi e storie di vita da raccontare, qualche stagione in più.

HAKAN SUKUR, IL BOMBER ANTI ERDOGAN

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L’ultimo Hakan di casa Inter ha più facce di un cubo. Storia tosta. C’è un Hakan Sukur sul trono del gol, quasi 300 squilli col Galatasaray e 51 con la Turchia. Nessuno come lui; il bomber dal gol più veloce di sempre in un Mondiale – 10,8 secondi contro la Corea del Sud nel 2002 – e con 8 campionati turchi vinti da star; il ragazzino che ha fallito al Toro, all’Inter e al Parma, ma venerato in patria come un Dio. E ora? L’ultima “faccia” del cubo Sukur l’ha portato a Washington, Stati Uniti, dove vive con la famiglia, guida un Uber e vende libri, dopo aver avuto un bar in California. Sukur? Quello del Gala? Lui, lontano dalla Turchia per colpa di Erdogan, che nel 2018 lo bollò come responsabile del fallito golpe di due anni prima: “Che ruolo avrei avuto? Ho fatto solo cose legali nel mio Paese”. Parlamentare dal 2011 al 2013 con l’AKP, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo del premier, lega fin da subito con Fethullah Gulen, portavoce dell’ala radicale dello schieramento. Nel 2013, quando il governo chiude le scuole di preparazione all’università su cui si regge l’impero di Gulen, Hakan diventa un parlamentare di opposizione e si dimette. Da lì in poi i rapporti si guastano, tant’è che Gulen fugge negli Stati Uniti. Erdogan ha chiesto l’estradizione, lo ritiene un “terrorista”, mentre Hakan si è trovato in mezzo, mostrandogli sostegno e restando fuori dalla politica turca. Da bomber di un Paese a manifesto anti libertà: “Hanno lanciato pietre nella boutique di mia moglie, i miei figli sono stati molestati per strada, ho ricevuto minacce. Hanno anche rinchiuso mio padre”. Enes Kanter, cestista dei Portland Blazers, ha una storia simile alla sua. Schieratosi contro Erdogan, non può tornare in patria. Hakan è stato il primo calciatore turco a giocare nell’Inter, preso da Moratti nel 2000 e lasciato andare dopo un solo anno. Sei gol in 35 partite, uno di questi in un derby finito 2-2. “Il ricordo più bello che ho”. Ora guida Uber, tre anni fa vendeva caffè in California. “Se avessi detto quello che volevano loro sarei diventato ministro”.

EMRE, PALLONETTI E RIMPIANTI

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“Maradona del Bosforo” per quei motivi lì: estro e fantasia. Così creativo da stregare perfino Pelè, che vent’anni fa lo inserì nella lista dei 125 giocatori più forti del mondo. Dieci senza indossarlo, mancino d’oro da lob improvvisi (ricordate Lazio-Inter?), di Emre si è scritto molto. “Talento mancato”, “giocatore a metà”. Tutto vero. Quattro anni all’Inter senza brillare, 115 presenze e 5 reti dal 2001 al 2005. I nerazzurri lo ricordano per due schiaffi alla Lazio nel 2002, uno di questi con il destro: “Io lo uso solo per camminare…”. Se tornasse indietro non lascerebbe mai San Siro: “Avevo 25 anni e un altro carattere”. Problematico: nel 2008 fu accusato di razzismo e lasciò Newcastle dopo tre stagioni (aveva insultato 3 giocatori dell’Everton). Stesso discorso nel 2014, quando apostrofò Zokora come “sporco negro”. Prima due giornate di squalifica, poi addirittura due mesi di carcere (poi sospesi). Al ritorno si beccò un calcione dallo stesso Zokora. Cresciuto nel Galatasaray dell’Imperatore Terim, 150 partite e 20 gol, è diventato il primo calciatore turco a segnare in 4 decadi. Ma anche uno dei più odiati dai tifosi del Gala: nel 2008 ha scelto i rivali del Fenerbahce, che ora allena: “Sono sempre stato un loro tifoso”. Verrà fischiato in ogni derby. Ultima controversia: prima di chiudere la carriera a 40 anni nella parte asiatica di Istanbul, Emre ha giocato 128 partite nel Basaksehir, la squadra del premier Erdogan. Curioso. Nel 2018, insieme a Okan Buruk e ad Arda Turan, è stato accusato di aver avuto legami con il fallito golpe del 15 luglio 2016. Tutto risolto (avevate dubbi?).

OKAN BURUK, LO SPRINTER

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Alla voce “primo ricordo” c’è n’è uno sfortunato: stiramento muscolare. L’ha ricordato Bobo Vieri tempo fa, in una diretta Instagram con Maretazzi. Si parlava di bei tempi, vecchie storie e dei due turchi alla Pinetina, Emre e Okan Buruk, esterno-sprinter dalla grande corsa. Estate 2001, Bormio, il “piccoletto” arriva dal Galatasaray e in allenamento fa la differenza. Cuper ama le ripetute sui mille metri, lui se le fa tutte a cento all’ora. Bobo e Matrix lo avvertono in inglese: “Vai piano, stai attento”. Lui no, tira il gruppo, ma dopo venti giorni finisce in infermeria per uno stiramento. “Noi ci nascondevamo nelle buche, lui faceva i giri più larghi”. Preludio di ciò che saranno i suoi tre anni all’Inter: 42 partite, 2 gol e un campionato perso all’ultimo nel 2002. Chiedetegli tutto, tranne del 5 maggio: “Fu una tragedia”. Anche se Milano gli è rimasta nel cuore. “Sono stato bene, c’erano grandi campioni. E Cuper mi sgridava di continuo”. Colpa della posizione in campo: “Io ed Emre correvamo ovunque”. Pure troppo. Undici partite il primo anno, 22 il secondo, solo 9 il terzo. Oggi fa l’allenatore e non va male. Nel 2018 ha vinto la Coppa di Turchia con l’Akhisar, l’anno scorso il campionato nazionale con il Basaksehir, la squadra di Erdogan con un pizzico “d’Italia” in rosa: Inler, Robinho, Elia, Skrtel. Ora cerca una nuova sfida, magari proprio da noi: “La Serie A? Perché no, mi piacerebbe”.

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