Stadio Roma, è farsa: Tor di Valle sta saltando

La farsa dello stadio della Roma vive il millesimo atto di un testo lungo otto anni. Meglio non dare niente per definitivo, nemmeno stavolta che sembra saltare tutto. Ma è chiaro che le possibilità di vedere realizzato il progetto Tor di Valle siano ormai vicine allo zero. Dopo tante promesse, tanti dietrofront, tanti accordi, è emersa la lettera pubblicata dal quotidiano La Repubblica che sembra (sembra) chiudere il discorso: lo scorso 13 ottobre il Comune ha avvisato la Roma che «il complesso immobiliare non è nella libera disponibilità dell’attuale proprietaria Eurnova Spa». Cioè la società dell’ex partner Luca Parnasi. In pratica sui terreni, che dovevano passare al magnate ceco Vitek, gravano ipoteche del valore di 42 milioni, oltre al pignoramento determinato da un debito di 1,2 milioni. Curiosamente il 13 ottobre è proprio il giorno in cui Vitek ha firmato l’accordo per i terreni. E in questo accordo l’imprenditore si impegnava a saldare tutte le pendenze: da un punto di vista giuridico esisterebbe quindi il modo di tranquillizzare rapidamente il Comune.

Pantomima

Ma il nodo, al solito, è politico. La circostanza scoperta dai tecnici del Campidoglio sigilla il sorriso di Virginia Raggi che giusto giovedì scorso, di fianco a un imbarazzatissimo Fienga, annunciava che «forse entro Natale potremo fare un regalo ai tifosi della Roma». Una storia incredibile, nella quale ha un ruolo anche l’ex proprietario dei terreni Gaetano Papalia, che ancora aspetta di essere soddisfatto nei propri crediti verso Parnasi. Domani ad esempio gli avvocati di Papalia e i rappresentanti legali di Eurnova, Mazzei e Naccarato, si parleranno per cercare una soluzione al problema. La settimana insomma si annuncia calda.

Suggestioni

Ma ormai i Friedkin, che già nel primo incontro con la sindaca all’ambasciata americana avevano sentito puzza di bruciato, sono impalliditi di fronte ai costi di un progetto diventato anacronistico dopo la bufera Covid: perché costruire un business park destinato agli uffici nell’era dello smartworking? E c’è anche una perplessità legata all’impianto: potrebbe bastare una struttura più piccola di quella disegnata nel 2012 dai legionari di Pallotta, più riconoscibile, più romana. Da qui la tentazione di chiudere il libro di Tor di Valle per dedicarsi alla ristrutturazione del glorioso Flaminio, ormai da anni in disuso. Lo stadio è oggi in condizioni improponibili e presenta molte criticità, legate alla viabilità e alla sicurezza, senza contare i vincoli architettonici. Ma se a Firenze un altro imprenditore statunitense, Rocco Commisso, riuscirà a rifare lo stadio Franchi, Friedkin può aspirare a ripetere il colpo. Potrebbero bastare dei negozi griffati As Roma, ristoranti e bar che già di loro garantirebbero un aumento del fatturato a rendere sostenibile l’investimento. Al tempo stesso però i contatti con Gaetano Caltagirone, proprietario dei terreni di Tor Vergata, lascia intendere che un cambio di rotta non è stato formalizzato. Tutto torna in gioco, con la forte sensazione che il processo debba ripartire dal via: per almeno altri tre o quattro anni la Roma continuerà a giocare all’Olimpico. 

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