Stadio Roma, basta un sì

Da meno di un anno la Roma ha una nuova proprietà. Solida, presente, silenziosa, educata e – mi dicono – appassionata. La Roma si è appena affidata al più importante – internazionalmente parlando – allenatore della sua storia. E a fine agosto ritroverà i tifosi all’Olimpico: soltanto allora i Friedkin conosceranno la vera Roma. Questa Roma ha le idee chiare: vuole rompere con un passato di imbarazzi e delusioni sviluppando un progetto nel quale le speculazioni immobiliari non sono prevalenti. L’ad Guido Fienga, che dopo essersi occupato per qualche mese della squadra è tornato ai temi organizzativo-strutturali, assicura che «la Roma non giocherà mai a Tor di Valle» e che senza la revoca immediata del progetto di “disinteresse pubblico”, visto che i tifosi erano contrari in partenza a quella destinazione, la Roma non avrà uno stadio nuovo e suo.  

La scadenza elettorale d’autunno e le sue tempistiche impongono una decisione rapida: chi ha la responsabilità della scelta tra il nulla e il tutto non può che offrire un’opportunità di crescita alla città. Senza un impianto di proprietà, senza un investimento/impegno sociale, non può esserci un grande futuro.  

In quest’ultimo mese abbiamo toccato nuovamente con mano l’incidenza del calcio sulla nostra vita, sul nostro umore, sulle nostre speranze e aspirazioni. Giorni fa Maurizio Costanzo mi ha ricordato le parole del novantaduenne Piero Angela, uomo di invidiabile intelligenza e cultura: «I progetti sono i principali meccanismi della sopravvivenza». Serve altro? 

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