Speranze, sogni, delusioni (e 600 milioni investiti): l’era Preziosi al Genoa

Dal 24 giugno 2003 a oggi ha guidato il club più antico d’Italia. Ha investito negli anni circa 600 milioni di euro, adesso lo attende un ruolo di raccordo

Lo ha detto lui, qualche tempo fa, parlando in televisione. “In tutte le cose ci sono un inizio e poi una fine”. Anche nel Genoa. Enrico Preziosi, che questa mattina ha firmato il passaggio di tutte le quote societarie al fondo Usa 777 Partners, rilevò il Grifone (appena scivolato in Serie C) nell’estate 2003, con la società a rischio default e a un passo dal fallimento. Preziosi, che firmò il preliminare il 16 aprile di quell’anno, mise subito 27 milioni di euro attingendo al patrimonio personale per ripianare le passività del club. E il 24 giugno uno dei suoi figli (il presidente quel giorno era bloccato a letto dall’influenza) si presentò al quinto piano del Tribunale di Treviso, nell’ufficio del giudice incaricato di chiudere l’asta per la società di calcio più antica d’Italia, versando un ulteriore acconto. Quel giorno Enrico Preziosi è diventato così il numero uno del Genoa. Lo ha gestito sino a oggi, 22 settembre: oltre diciotto anni e mezzo di presidenza, che fanno di lui il numero uno più longevo nella storia ultracentenaria del Genoa.

In altalena

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Quasi quattro lustri vissuti fra speranze, sogni e anche grandi delusioni. La più grande nell’estate 2005, con la vicenda legata alla penalizzazione per Genoa-Venezia, che vanificò una promozione in A appena conquistata sul campo. Da lì, dopo polemiche e veleni a non finire, è iniziata una lunga risalita figlia anche dell’arrivo sulla panchina del Genoa di Gian Piero Gasperini, il tecnico protagonista del periodo più aureo della gestione-Preziosi al Genoa. Scelte sapienti sul mercato, intuizioni felicissime (la fama di talent scout di Preziosi è unanimemente riconosciuta) riportano il Grifone in Serie A (è l’estate 2007) e avvicinano ben presto i rossoblù alle posizioni più nobili della classifica. Arriva un quinto posto finale nel 2009, quindi l’approdo al preliminare di Europa League, con l’uscita dal torneo a causa della sconfitta con il Valencia. Arrivano stagioni più complicate, che fatalmente vanno a minare anche il rapporto fra proprietà e tifoseria, senza che gli anni successivi riescano più a curare certe ferite. Il sesto posto del 2015, con l’Europa sfumata per il mancato ottenimento della licenza Uefa, acuisce i problemi e gli anni successivi sono di grande sofferenza, in campo e fuori. Non a caso già dal 2016 il presidente Preziosi aveva provato a trovare un interlocutore giusto per affrontare il discorso della possibile vendita del club. Molti millantatori hanno bussato alla sua porta, a parte un paio di controparti più serie (una di esse, era già stata un fondo americano, nell’estate 2019), ma nessuna era stata giudicata sufficientemente affidabile. In una situazione di malumore crescente sulla piazza e di difficoltà economica resa più grave dall’esplosione della pandemia, nel maggio scorso – lavorando sottotraccia – il presidente Preziosi ha iniziato la trattativa con 777 Partners, sino ad arrivare alla chiusura di queste ore. Comincia un’altra storia.

Il nuovo ruolo

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Preziosi non ha mai voluto fare cifre esatte sul suo impegno economico da presidente del Genoa, ma una stima non lontana dalla realtà parla di circa seicento milioni di euro investiti dal presidente in questo ventennio (o quasi) rossoblù. Adesso il suo ruolo (Preziosi farà parte del nuovo board) diventerà quello di… figura di raccordo fra la nuova proprietà e la Lega di Serie A, anche per non vanificare quasi un trentennio di esperienza calcistica, iniziata nei primi anni Novanta al Como. E anche perché, forse, sarebbe difficile riuscire a immaginare Enrico Preziosi senza calcio. E senza Genoa.

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