Spalletti Re Mida: ha trasformato in oro il Napoli

NAPOLI – Ogni cosa al suo posto, anche la storia. Perché il giorno in cui Luciano Spalletti mise i piedi a Napoli, in «quel suo tour dell’anima», s’era appena sentito dire da Aurelio De Laurentiis che sarebbe cominciata una stagione di «sangue, sudore e sacrificio». Il quinto posto – all’ultimo strappo – aveva bruciato un’altra cinquantina di milioni di euro, quelli della Champions, già perduta nella stagione precedente: se l’aritmetica non è un’opinione, cinquanta più cinquanta fa cento. E poi, a gennaio del 2020, prima che scoppiasse la pandemia, se n’erano andati 120 milioni per rimettere mano su una squadra che bocciava l’editto di Ancelotti, «rifondare», abbracciato poi nel 2022. Ma non solo: a lock down concluso, in uno slancio d’ottimismo, per investire su se stesso, ancora 49 milioni per chiudere l’affare-Osimhen. E stipendi schizzati oltre le proprie umanissime possibilità. De Laurentiis fu chiaro, lo disse in una conferenza stampa senza ipocrisia, bisogna tornare nelle proprie acque, tagliare, tagliare e tagliare ancora, lasciando spalancate le possibilità a offerte invitanti. Luciano Spalletti quel Napoli l’ha tenuto così, l’ha (ri)portato in Champions, gli ha fatto intravedere lo scudetto almeno sino ad aprile, poi ha dovuto fronteggiare il malumore d’una città terrorizzata dal cambiamento, dalla rivoluzione e dalla caduta dei miti: e lui, imperterrito, sta ancora lì, ora primo in classifica, già qualificato per gli ottavi di Champions, con un tesoretto conquistato, un altro messo da parte e uno pronto a futura memoria. Intanto, i venti milioni di Lobotka hanno di nuovo un valore: sembravano perduti, deprezzati da un biennio di pallore e panchine e tribuna, mentre ora è oro che brilla in mezzo al campo; e pure i tredici milioni di Rrahmani, stracciati da un errore a Udine, sembra diano un senso. Il resto appartiene alla narrazione contemporanea di un capolavoro che appartiene al club per il coraggio, all’area tecnica per la competenza, all’allenatore per la sua capacità di abbagliare con un calcio ipnotico. Ma i quarantanove milioni di Osimhen già a giugno/luglio sono diventati un centinaio: lo volevano al Manchester, sponda United, e ci fossero state le condizioni, sarebbe accaduto.

Roma-Napoli, tutte le statistiche della squadra di Spalletti

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Sfarzo dell’Est

E su Kvara, «quello» da dieci milioni dalla Georgia, si può decidere liberamente, ormai, il valore, in questo strano gioco ch’è il mercato, capace di far oscillare i prezzi in maniera misteriosamente diseguale: sono cose che succedono. Giovanni Simeone, il Cholito, ha segnato quattro gol in una manciata di minuti, è costato 2,5 per il prestito e 12,5 di riscatto nel caso si verifichino una serie di piccole-grandi conquiste: e uno che ne ha fatti 17 con il Verona e si sta confermando nel suo ruolo di part-time è in grado, nel caso, di raggiungere una quotazione largamente superiore. E i 95 milioni (novantacinque) investiti per Lozano (40), Politano (20) e Raspadori (35) non costituiscono tormento: ora si chiama estasi.


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