Southampton, l’altra faccia della Premier: primo dopo 32 anni

Da Matthew Le Tissier,  numero 7 diabolico e un po’ grassottello, un George Best di periferia intollerante agli schemi, che rifiutò i soldi del Manchester United e le regole di Alex Ferguson per non tradire il suo senso di libertà e il suo anticonformismo, ai dribbling di Moussa Djenepo e ai gol di Danny Ings: il Southampton si è risvegliato sabato al primo posto dopo trentadue anni, quando il campionato non si chiamava ancora Premier League, ma First Division. Sedici punti in otto giornate, tre vittorie consecutive e un bentornato ai vertici del campionato più ricco del mondo, in grado di produrre ricavi per quasi sei miliardi di euro.

Dal 1988, dalla squadra che si nutriva dei lampi e delle punizioni geniali di Le Tissier, carattere indolente e tecnica da playstation, al Southampton di ultima generazione, allenato dall’austriaco Ralph Hasenhüttl, capace di riaccendere una scintilla che si era spenta tanto tempo fa. L’ultimo manager ad aver assaporato il gusto della vetta, in Premier, era stato l’irlandese Chris Nicholl. Era una squadra dai ritmi elettrici, divertente, veloce, pilotata da un vecchio pioniere come Jimmy Case e da contropiedisti fenomenali come Rodney Wallace e James Beattie, che si esaltavano con le sponde di Le Tissier. Era un Southampton nato per quasi caso, che poi non mantenne le promesse e chiuse il campionato al tredicesimo posto.

Inaspettato e sorprendente, allora come oggi, questo nuovo exploit di un club che ha conquistato nella sua storia solo una Coppa d’Inghilterra (nel 1976, con McMenemy in panchina e Mick Channon in attacco) e aveva perso nella scorsa stagione per 9-0 in casa con il Leicester, rimediando la sconfitta record della Premier e arrivando alla fine undicesimo. Hasenhüttl ha riportato in prima pagina il St. Mary’s Stadium, anche se è desolamente vuoto a causa della pandemia. L’austriaco ha 53 anni ed è riuscito a dare forma e sostanza a un progetto. Pochi ricami, un gioco semplice ed efficace, un 4-4-2 fedele ai canoni del suo inventore Arrigo Sacchi, con due esterni che creano scompiglio a centrocampo come Armstrong e il maliano Djenepo, classe 1998, considerato un potenziale erede di Mané, uno degli artisti del Liverpool di Klopp.

Un Southampton che è l’orgoglio del presidente Gao Jisheng, imprenditore cinese. E che si specchia nei muscoli e nelle idee del capitano Ward-Prowse e dello spagnolo Romeu, scuola Barcellona: il primo è un regista, il secondo è un mediano che cattura centinaia di palloni. La difesa trova il suo riferimento nel fisico e nella personalità del danese Vestergaard, che si muove sul centro-sinistra, accanto al polacco Bednarek e davanti al portiere McCarthy. I terzini, Walker-Peters e Stephens, spingono a turno, senza mettere a rischio gli equilibri. In attacco, invece, Hasenhüttl può contare su tre velocisti come Danny Ings, capocannoniere dei Saints con cinque gol, Theo Walcott (ex Arsenal), una carriera penalizzata dagli infortuni, arrivato in prestito dall’Everton, e Che Adams, scoperto nel Birmingham. Tutti alti meno di un metro e 80, ma in grado di sfruttare ogni varco. Venerdì sera, contro il Newcastle, il Southampton ha vinto 2-0 con i gol di Adams e Armstrong. Terzo successo consecutivo dopo il 2-0 all’Everton di Ancelotti e il 4-3 all’Aston Villa. Sedici gol realizzati e dodici subiti. E un primo posto inseguito dai tempi di Matthew Le Tissier, 443 partite e 162 gol tra il 1986 e il 2002, che oggi ha 52 anni, vive ancora a Southampton, lavora ogni tanto in televisione e continua a essere il primo tifoso dei Saints.

Precedente Peruzzi: "La Lazio è unita, il gruppo c'è sempre"

Lascia un commento