Soulé: “Quando la Juve mi ha cercato, ho detto subito sì”

Dall’infanzia alla Juve: Matias Soulé si è raccontato in una video intervista ai canali ufficiali bianconeri. Dall’Argentina all’Italia, dove si è trasferito senza ripensamenti, proprio perché a cercarlo tra gli altri c’era la Signora. Oggi Soulè è una risorsa anche della prima squadra, spesso in panchina nelle ultime gare per l’alto numero di infortunati da parte di Allegri.

Allegri: "La Juve deve chiacchierare poco e fare tanto"

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Soulé: “Gli inizi in convitto, i sacrifici di mio papà”

Parte proprio dall’inizio Soulé: “Quando avevo sei anni mi sono trasferito a Kimberley, che era una squadra di calcio in Argentina. Sono poi andato a Velez a 12 anni e sono rimasto in convitto con loro. Ero uno dei giocatori più giovani del club, ero molto eccitato perché il mio sogno è sempre stato quello di giocare per un club a Buenos Aires, ancora di più per un club come il Velez. Mio padre lavorava 14 ore al giorno e io giocavo il sabato mattina. Mi portava sempre e veniva a vedermi, appena tornati a casa si riposava e andava nuovamente a lavoro. Ricordo che non aveva abbastanza soldi per pagare l’hotel perché a volte soggiornava in un hotel quando poteva e a volte no. Anche mia madre lavorava e veniva a trovarmi quando poteva. È stata molto dura per loro quando dovevano venire a farmi visita”.

Soulé: “Ecco come ho scelto la Juve”

A un certo punto, la vita di Soulé cambia radicalmente: “Quando la Juve mi ha chiamato, c’erano anche altri due club. Ricordo che stavano negoziando con il mio agente. Ero a un barbecue e mi ha detto che c’erano tre club per me: “Questo, quello e la Juve”. Conoscevo le ripercussioni e i benefici di entrare a far parte di ognuno di questi club. Mi ha detto di pensarci per qualche giorno, prendermi il mio tempo e fare quello che volevo. Ricordo che continuavamo a mangiare, ma avevo già pensato e deciso: Juve”. Non è stato un buon inizio in bianconero: “Sono arrivato nel 2020, ricordo di essermi fatto male al quadricipite. Sono tornato e il fine settimana in cui avrei dovuto giocare, la pandemia ha colpito e quando sono ritornato, mi sono anche infortunato. Sono stato sfortunato perché ero qui da sei mesi e non avevo ancora giocato. La prima volta è stata con l’allenatore Bonatti nella mia prima stagione qui. Abbiamo imparato con lui, abbiamo anche riso molto. Durante le vacanze di giugno mi è stato detto che sarei stato con gli U23. Questo mi ha reso felice perché è un passo avanti, è una fascia d’età diversa, un altro standard del calcio. Ricordo che la mia prima partita è stata contro la Pro Sesto in Coppa Italia. Il mio primo gol è arrivato anche in quella competizione perché ne ho segnati due contro il FeralpiSalò. La prima volta che mi sono allenato con la prima squadra è stato a giugno durante il pre-campionato. Ad essere onesti ne sono rimasto davvero soddisfatto; non ero spaventato o nervoso”.

Soulé: “Quella punizione a Venezia…”

L’esordio con la prima squadra, in questa stagione calcistica: “Volevo fare del mio meglio e mostrare quello che potevo fare come calciatore. Quando sono entrato contro il Venezia ricordo che non ero nervoso; ero così desideroso di giocare perché avevo già fatto il mio debutto contro la Salernitana. In realtà non avevo toccato la palla, quindi ero desideroso di farlo. Ricordo la prima volta che ho ricevuto palla da un passaggio di Alex Sandro, credo. La palla è arrivata a me, ho superato un giocatore e ho visto che Morata era pronto per un passaggio. Ho continuato ed è stato commesso un fallo ai miei danni, mi sono diretto verso l’area perché non avevo intenzione di tirare il calcio di punizione. Li sentivo dire: “Soulè, calcia, lo prendi tu!”. Quindi ho pensato: “Cuadrado , lascialo a me” e abbiamo avuto un avanti e indietro. Alla fine ho preso il calcio di punizione e non l’ho colpita bene, ma mi è piaciuto molto perché in quella che è stata la mia prima partita sono stato io a prendere un calcio di punizione”.

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