Sorrisi, gelatine e favela. Ecco chi è Emerson Royal, la freccia che piace all’Inter

Il 22enne terzino brasiliano ha conquistato la Seleçao dopo cinque stagioni da professionista, ma non dimentica le origini nei malfamati sobborghi di San Paolo. Il destino e le ambizioni tatuate sul braccio: “Dalla favela verso il mondo”. E quello strano nomignolo della zia…

Il confine tra meteora e cometa, soprattutto nel calcio, è spesso sottilissimo. C’è chi assapora il successo in un battito di ciglia per precipitare altrettanto rapidamente nel dimenticatoio e chi, invece, esplode spiccando il volo. Il brasiliano Emerson Royal, 22enne terzino destro del Betis Siviglia, rientra con ogni probabilità nella seconda categoria, quella dei predestinati, tanto da essere finito nel mirino dei principali top club al termine della sua seconda stagione a Siviglia, sponda Betis. Su di lui hanno puntato i fari il Bayern, il Psg e, di recente, anche l’Inter, ma a deciderne il futuro sarà quel Barcellona che due anni fa lo spedì in prestito in Andalusia dopo aver versato 12 milioni nelle casse dell’Atletico Mineiro. E pensare che, fino a quattro anni fa, il terzino cresciuto nei sobborghi malfamati di San Paolo non aveva ancora esordito in prima squadra.

Ascesa vertiginosa

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La prima opportunità, colta al volo, arrivò infatti alla soglia della maggiore età con la maglia del Ponte Preta, che lo aveva accolto nelle giovanili due anni prima. A Emerson bastò meno di una stagione completa per fare il salto all’Atletico Mineiro e, dopo un anno, ritrovarsi addirittura in Liga grazie alla scommessa della dirigenza blaugrana. Dopo due campionati (e mezzo) da protagonista con la maglia del Betis, il ragazzo sembra pronto per un nuovo salto di qualità. Finora ha collezionato 73 presenze in Liga (di cui 70 dal primo minuto), impressionando per le straordinarie doti atletiche, la potenza e l’esplosività che gli consentono di volare sulla fascia alla velocità (registrata) di 35 chilometri orari. Chi lo ha allenato negli ultimi due anni, da Setién a Pellegrini, lo ha definito “un’autentica forza della natura”, merito di innate doti fisiche a cui nel frattempo ha aggiunto precisione e solidità in fase difensiva. La tecnica, tipica della scuola brasiliana, l’ha invece coltivata nei vicoli della favela Ermelino Matarazzo, sobborgo paulista in cui ha vissuto fino ai 10 anni prima di trasferirsi con la famiglia per sfuggire a violenza e criminalità.

Le radici del cuore

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Lì Emerson ha perso amici e anche qualche parente, vittime in tutti i casi del fuoco incrociato tra polizia e narcotrafficanti. Fino a quando il padre e la madre hanno detto basta, sacrificandosi in massacranti turni di lavoro pur di garantire un tetto sicuro a lui e ai suoi due fratelli. Erano i tempi in cui – ha confessato Emerson in un’intervista a Espn – il padre non tornava a casa anche per due o tre giorni consecutivi, costretto a dormire in cantiere per racimolare più soldi possibile. Eppure, di quegli anni nella favela Emerson va orgoglioso e lì torna ogni volta che rimette piede in patria. “Perché lì c’è la gente a cui sono più legato. Lì ci sono le persone vere, quelle che affrontano la vita con coraggio e sacrificio senza mai perdere il sorriso”. L’ha rivelato lo stesso Emerson lo scorso natale, dopo essere tornato nella sua favela per distribuire regali e giocare con i ragazzini che oggi sognano di ripercorrere le sue orme. “La favela sarà sempre la mia casa e ne vado fiero”, ha ribadito a ogni intervista. Il tatuaggio che porta sul braccio (“dalla favela verso il mondo”) serve definirne le ambizioni e l’identità, “perché se oggi posso dire di aver realizzato il mio sogno è grazie a ciò che ho imparato in quegli anni”. La principale eredità della favela, per quanto sembri strano, è il perenne sorriso stampato sul volto insieme a una spiccata e contagiosa allegria. I compagni lo dipingono come un tipo sempre positivo e pronto allo scherzo, “perché quando cresci in povertà impari ad apprezzare le piccole gioie della vita. Bisogna sorridere alla vita perché è una e non si sa mai cosa potrà accadere domani. Per questo odio i musoni e i lamentosi”.

La curiosità

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I primi passi di Emerson furono in attacco, salvo essere dirottato prima a centrocampo e poi sulla fascia destra per esigenze di organico. “Quando mi videro correre su è giù come un forsennato, non mi spostarono più”, rivelò ai tempi dell’Atletico Mineiro. Emerson ci prese gusto e iniziò a studiare ossessivamente i video di Cafù e Dani Alves, modelli a cui ha confessato di ispirarsi. Dopo essere sbarcato in Liga, nel gennaio del 2019, tanti iniziarono a chiedersi l’origine dell’insolito nome che portava sulla maglia, Emerson Royal, a dispetto di quanto invece appare sulla carta d’identità (che recita Emerson Aparecido Leite de Souza Junior). Ad affibbiargli quel nomignolo fu la zia, che in lui vedeva la caricatura della mascotte di una popolare marca di gelatine brasiliane. “Diceva sempre che quando piangevo spalancavo la bocca come Royal”, spiegò ai media spagnoli. “Mi sono subito affezionato a quel nome e non l’ho più voluto abbandonare”. Il futuro, adesso che è anche arrivato in nazionale per sostituire l’infortunato Dani Alves, appare altrettanto “regale”, soprattutto adesso che il Barça pare intenzionato a riportarlo in Catalogna. “A Barcellona hanno detto chiaramente che puntano su di me e – ha dichiarato dal ritiro della Seleçao – voglio dimostrare di essere all’altezza”.

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