Andrea Soncin non ha mai smesso di giocare in attacco. «Avete visto? Noi entriamo in campo sempre per vincere, anche contro le prime due del ranking mondiale». Il Cobra – era talmente velenoso in area che Cosmi gli diede il soprannome di un serpente – ha un passato da centravanti e un presente da stratega alla guida di una Nazionale che non ha intenzione di uscire dal cuore della gente. L’Italdonne è tornata, anche grazie alle intuizioni di un allenatore di cui tutti discutevano la nomina.
Soncin, 4 punti in 4 partite di Nations non sono un bottino esiguo rispetto a quanto creato?
«Sì. Aver giocato alla pari contro Svezia e Spagna ci deve dare fiducia, ma non basta»
Venerdì 1 dicembre c’è la Spagna. All’andata avete perso per un gol al 90’. Come si battono le campionesse del mondo?
«Con umiltà, e facendole giocare all’indietro. La voglia di fare un’impresa c’è, loro restano di un altro livello, ma se all’andata ce la siamo giocata fino alla fine…»
Veniamo dalle delusioni di Europei e Mondiali, il gruppo era spaccato. Come ha riacceso l’entusiasmo?
«La tattica viene dopo l’armonia e abbiamo lavorato per ricercarla. Oggi c’è un’atmosfera magica nello spogliatoio».
Il suo calcio è fatto di…?
«Pressione in avanti e coraggio nel riempire l’area. Possiamo e vogliamo cambiare modulo a seconda dell’avversario».
Alcune veterane come Gama e Bartoli sono tornate centrali. Come si raggiunge un equilibrio con il ricambio generazionale?
«Abbiamo bisogno di guide esperte. Il futuro è importante, ma lo è anche il presente. E lavoriamo in due direzioni: lo sviluppo del movimento e i risultati. Le ragazze hanno capito che il Noi viene prima dell’Io e che gioca chi lo merita».
Siamo al 17° posto del ranking. La top ten è possibile?
«È un obiettivo. Non so quanto ci vorrà, ma siamo sulla strada giusta».
Quando è uscito il suo nome molti hanno reagito male. “Che c’entra con il calcio femminile?”, dicevano.
«Lo so, ma ho la corazza. Mi sono messo a studiare, mi sono confrontato con colleghi e colleghe più esperti. Viviana Schiavi come vice è un riferimento importante. Però una cosa fatemela dire: sento ancora parlare di differenze tra uomini e donne. Il calcio è uno. Ed è per tutti».
La violenza sulle donne è un dramma quotidiano. Che ruolo ha il calcio femminile nel veicolare messaggi e modelli?
«Queste ragazze hanno vinto la battaglia per il diritto al professionismo e sono consapevoli della loro responsabilità in termini etici, morali e valoriali. Sono un esempio positivo e sono sicuro che aiutaranno questa società a progredire. Nel nostro spogliatoio il dialogo conta più di tutto il resto. Forse dovremmo tutti parlare di più, a casa e con i nostri figli».
In Serie A siamo passati dal ciclo Juve al ciclo Roma. Il campionato è allenante per chi va in Europa?
«Il campionato dice che diverse realtà stanno diventando delle eccellenze e la competizione è sempre più alta. Il numero di tesserate aumenterà nei prossimi anni, la Figc investe nel settore e il Club Italia ha un rapporto stretto con le società. Il processo di crescita è evidente, non ci fermeremo».
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