Sivori, Maradona e Messi: la macchina del Tango

La macchina del tango. Omar Sivori è del 1935, Diego Armando Maradona del 1960, Lionel Messi del 1987. Uomini di sinistro, anche se il secondo gol alla Francia Leo l’ha firmato di destro. Il Cabezon, il Pibe, la Pulce. Dieci di maglia, di genio, di fantasia. Un viaggio che, dagli anni Cinquanta del Novecento, attraversa due secoli. Queste righe non sono gradini che portano in cima a una classifica. L’ennesima. Stucchevole, svenevole. Non è proprio il caso. Al netto dei caratteri e delle circostanze, intendono celebrare e riassumere il concetto, aulico e onirico, di dinastia, di continuità. Sivori papà di Maradona papà di Messi. Dal nonno al nipote: ognuno figlio del suo tempo, ma capace di perpetuarne i sapori.  

Sono i sentieri che lo sport offre ai cacciatori di brividi, ai mendicanti di emozioni cari a Eduardo Galeano. Sivori dal River Plate alla Juventus e al Napoli. Maradona dall’Argentinos Juniors al Boca e dal Barcellona al Napoli. Messi da Rosario al Barça, soprattutto, e quindi a Parigi per preparare – tra i comodi arazzi della Versailles pedatoria – la crociata nel deserto del Qatar. Sivori ha trasmesso a Diego il gusto del dribbling, Diego a Leo l’idea de «la nuestra», lo sfavillio di un calcio che fosse impronta e non banalamente moda, momento. 

Non ha mai alzato la Coppa del Mondo, Omar, a differenza degli eredi. Per paradosso, l’unica fase finale che disputò la giocò in Cile, con gli azzurri, e fu un disastro. In compenso, vinse una stratosferica Coppa America nel 1957, all’epoca in cui, con Humberto Maschio e Antonio Valentin Angelillo, stappò la saga dei famigerati «angeli dalla faccia sporca». Tra gli scalpi, il Brasile già di Garrincha e non ancora di Pelé, sconfitto per 3-0. 

Se Leo è l’addizione di una carriera e di una vita e Diego, irraggiungibile, resta la somma di una carriera e cento vite, Omar si pone a metà, in campo il tunnel e fuori la lingua, da peronista che ne ha viste troppe per legarsi alle catene di un cliché. Molto diretto, molto sfrontato: al diavolo la mania del «com-premesso» storico che tanto ci diletta e tanto ci annoia. 

Sivori è il pioniere che, scelti i ricchi, tracciò la rotta. Maradona è colui che, «nato» all’opposizione, diventò l’anti-Dio, più che un anti-divo. Messi, il più pacato del trio, ha colmato la zona grigia e ambigua che separa lo scettro del migliore (basta l’archivio) dal titolo di leader (non basta l’archivio). Omar, che romanzò per la «Gazzetta» l’infanzia del Pelusa, è mancato nel 2005, quando Leo aveva appena debuttato nella Liga. Quel dieci sulla schiena non rappresenta una targa. Indicherà sempre un teatro. Dove si applaude la bellezza senza perdersi nel feticismo. 

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