Simeone, ti manda il Maradona

CASTELVOLTURNO – L’ultima volta, e chi se la ricorda? Argentina-Messico, 20 novembre 2018, una ventina di minuti partendo dalla panchina, dove invece era rimasto seduto il 9 ottobre 2020 (Argentina-Ecuador 1-0), ultima “apparizione” in senso assoluto. Ma la prossima, e come fai a dimenticarla!, sarà un viaggio nel proprio vissuto, nelle diagonali di passaggio che il destino ha scelto per Giovanni Simeone, in quella emozioni che s’avvertono nella carne. Qui Napoli, a voi Buenos Aires, e nell’aria c’è la magìa di quel tempo, quel legame travolgente, la fusione delle anime inchiodate intorno ad un pallone: perché quando c’era Lui, l’Argentina apparteneva e davvero ad una città collegata in diretta con i richiami del cuore. Giovanni Simeone risistema i sentimenti al centro del campo, trascina indietro nel tempo – per quel che po’ – e ristabilisce un contatto diretto tra Napoli e Buenos Aires: è una storia pure questa, e fonde terre ed uomini attraverso il calcio, come se fosse un ponte immaginario. La Nazionale l’ha convocato per le amichevoli con Panama e Curaçao, quattro anni e cinque mesi dopo quella sfida con il Messico, il confine tra il sogno e la speranza rimasta a galleggiar nell’aria fino a quando Scaloni non ha sciolto i dubbi e l’ha richiamato a sé: la prossima sosta non si riposa, si vola, si sta con la testa tra le nuvole, si ripensa al proprio vissuto, alle 106 partite del papà – il Cholo – ed alle sensazioni inebrianti che la Nazionale trasmette, sino a stordire, si riattraversano questi otto mesi che gli hanno cambiato la vita, l’hanno guidato in una dimensione insospettabile e favolistica, in una Napoli che l’ha sedotto. Sarà un caso, e non lo è, ma accade tutto a 1.570 giorni di distanza da quella partita, rimasta un piacevole ricordo o forse anche una piccola, inconfessabile ferita.

Il Napoli celebra Simeone: le immagini del primo allenamento

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Il Napoli celebra Simeone: le immagini del primo allenamento

Lui e Napoli

È stato, sinora, tutto molto bello, è stato meraviglioso scoprire cosa sia Napoli per Diego e quanto Maradona domini ancora Napoli, con una presenza che s’avverte ovunque, pure adesso che non c’è più: ed è stato sorprendente afferrare l’affetto di una città che con gli argentini non si è mai negata, neanche con il Cholito l’ha fatto, adottandolo e lasciandogli comprendere lo spessore di quei sentimenti, trasmessi a pelle. Il Cholito è quello che con il Liverpool entra al 41′, segna al 44′ e poi piange, a dirotto, travolto da se stesso, da quel senso d’incredulità per essere riuscito a farlo nello stadio di un idolo che gli è appartenuto ma soltanto nei racconti del papà, nei video che si trovano ovunque, nella mitologia insomma. Simeone è la Provvidenza che a San Siro e poi a Cremona e ancora al “Maradona” con la Roma si alza dalla panchina e e stravolge i connotati delle partite – chissà, forse anche della Storia – trasforma tre pareggi in altrettante vittorie, sistema la sua faccia da bravo ragazzo nell’immaginario collettivo e si ritaglia un ruolo dall’eroe della porta a fianco.

Mi manda Diego

Giovannino Simeone è il piccolo Cholo, il suo erede, lo manda Diego, ovvio, il papà, ma anche l’effetto di un Maradona conquistato con una serietà da portare a modello, la frase sempre opportuna, una maturità incurante dei suoi otto gol complessivi (tre in campionato, quattro in Champions, uno in Coppa Italia) in soli 558′ che non l’hanno mai spinto ad invocare qualche giro di lancette in più. Simeone è quello che ha segnato in tutte le manifestazioni e in Nazionale ne ha fatto uno soltanto. Ma sta cominciando un’altra vita, è piena di di occasioni, e se nel destino c’è un pallone, occhio: il Cholito sa cosa farne, a Napoli e (ovviamente) anche a Buenos Aires. Un uomo per due mondi.


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