Simeone, c’è aria di derby. Il Milan sfida il suo “interismo”

Dalla partita (in nerazzurro) col Real con una caviglia a pezzi all’unica sconfitta (5-0) contro i rossoneri. Ecco perché per il Cholo stasera non sarà una partita qualsiasi

Il Cholismo in un aneddoto. L’ha raccontato Seba Frey. Novembre ’98, Inter-Real a San Siro, fase a gironi di Champions. Redondo gli entra male e Diego cade a terra. Gigi Simoni si gira e dice a un compagno di scaldarsi. E il Cholo, zitto, segue il gesto con la coda dell’occhio. All’intervallo si toglie il calzettone e lo spettacolo è da film splatter. “Aveva lo stinco ricoperto di sangue, il cambio era già pronto, ma Simeone disse al mister di non fargli un dispetto simile”. Voleva giocare nonostante il dolore. “Rientrò in campo con i punti di sutura e la sua solita grinta”. Risultato chiaro: vittoria 3-1 con doppietta di Roby Baggio.

Cholismo

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Diego Simeone è questo. È cuore, occhi della tigre, mai mollare, indipendentemente dalla squadra con cui gioca. Pisa, Lazio, Inter, anche se a Milano ha lasciato un pezzo di cuore bello grosso. Arrivò a San Siro nell’estate ’97 per 13 miliardi di lire, dopo tre anni all’Atletico Madrid. Il primo mattone del Cholismo di cui si parlerà anni dopo. Altra storia però, tutt’altra cosa rispetto a quella milanese. Il primo anno, con Simoni, è uno di quelli che ti ricordi a vita. L’Inter arriva secondo in campionato e vince la Coppa Uefa contro la Lazio. Diego gioca titolare insieme a Winter e Zé Elias. È la partita del doppio passo di Ronaldo a Marchegiani, quello di cui si parlerà per tutta la carriera. Finta a destra, finta a sinistra, gol. Simeone gioca 41 partite e segna 7 gol, due di questi in un derby.

Già allenatore

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Simoni riuscì a gestire uno spogliatoio con vari gruppetti, uno guidato da Ronnie e l’altro proprio da Diego. Pagliuca ha raccontato di come il Cholo fosse “un allenatore in campo”, “un capitano senza fascia”, uno quello a cui “Simoni aveva affidato il ruolo di leader della squadra”. Un difetto: parlava solo di calcio. “Un continuo – ha raccontato Pagliuca – 24 ore al giorno. Dopo un po’ gli chiedevamo di parlare di donne”. E lui niente, imperterrito. A volte andava da Simoni con il quadernetto degli appunti e gli faceva vedere cosa aveva imparato. Schemi, tattiche, situazioni. Già sapeva quale sarebbe stato il suo futuro.

Quanti ricordi

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L’anno successivo le cose vanno male, l’Inter cambia 4 allenatori: Simoni, Lucescu, Castellini e Hodgson. In estate arriva Lippi e fa la rivoluzione: Simeone è uno dei primi a salutare, seguito da Pagliuca e Bergomi. Secondo l’ex numero uno nerazzurro i tre sarebbero stati “fatti fuori”. Diego era stato uno dei primi ad andare incontro a Ceccarini dopo il famoso contatto Ronaldo-Iuliano in Inter-Juve, mettendosi le mani nei capelli. Nell’estate ‘99 va alla Lazio e vince lo scudetto. Altra storia pure qui. L’Inter, però, gli è rimasta nel cuore, tant’è che nel 2018 disse che un giorno l’avrebbe allenata. “L’ho sempre pensato. Quando c’è una sfida mi entusiasmo”. Come nei derby. Così a Roma e così a Milano: contro i rossoneri, da mediano dell’Inter, ha perso solamente una sfida (quarti d’andata di Coppa Italia, 5-0 senza scuse). Poi tre pareggi e una vittoria. Da allenatore, invece, ha vinto le ultime tre sfide con l’Atletico, l’ultima all’andata. Le prime due, invece, nell’edizione 2013/14, ottavi di finale. Contro il Milan, da allenatore una sola sconfitta: a Catania, 0-2, gennaio 2011. Dieci anni fa. Da un lato gli argentini – il Papu, Andujar, Maxi Lopez – dall’altro il futuro campione d’Italia Max Allegri. Davanti Ibra. Quel giorno segnò uno dei due gol. Chissà stasera come andrà a finire.

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