“Papà amava il calcio. Il suo sogno era praticarlo e vestire la maglia della Nazionale. Non abbiamo, però, avuto il campione in casa o un uomo che viveva del suo passato. La maglia azzurra era quella speciale, quella sopra le altre, come ci diceva, ed era onorato di indossarla e di rappresentare l’Italia”.
Il Museo del Calcio ha contattato Paola Piola, figlia di Silvio Piola, nel giorno dell’esordio del padre con la Nazionale A, il 24 marzo. Era infatti il 24 marzo 1935 quando debuttò nell’Italia di Vittorio Pozzo nella sfida con l’Austria che terminò con la vittoria azzurra grazie alla sua doppietta. La maglia dell’esordio è conservata al Museo del Calcio come altri cimeli
dell’indimenticato calciatore.
“E’ la bambina – come la definiva il dottor Fino Fini – perché è qualcosa di speciale, unico, a cui dedicare attenzioni. Papà l’ha conservata, custodita e protetta, in un cassetto a casa. La guardava, l’ammirava e il cuore batteva forte come il primo minuto in azzurro. La nostra famiglia è felice che sia esposta al Museo, grazie all’impegno di Fino Fini, perché è un po’ la maglia di tutte le mamme. E’ stata ricamata da mia nonna Emilia che fissò con il filo nella stoffa il sogno coronato dal
figlio, che dopo la partita, rosso in volto cantava come un bambino come riportano i giornalisti dell’epoca”.
Paola Piola continua con il racconto sul padre: “Viveva la passione del calcio adattandola ad ogni epoca della sua esistenza. Amava seguire le regole, ma aveva attutito la sua grandezza. Non la faceva pesare: la vita per lui era umiltà e semplicità. Il calcio lo considerava come una metafora della vita con strade in salita e altre in discesa pensiamo al periodo della guerra e a
quando è terminato, lo sport ha rappresentato la rinascita. Come ha fatto il ciclismo con campioni come Coppi e Bartali di cui era amico. Si trovava più a suo agio con il primo, perché come diceva, non lo costringeva a chiacchierare troppo”.