Show all’Europeo, flop a Roma: cos’è andato storto con Schick

L’amore tra il talento ceco e la squadra giallorossa non è mai sbocciato, anche perché Patrik non sarebbe mai dovuto arrivare nella capitale…

Una storia nata male fin dall’inizio: Patrik Schick, l’eroe di oggi di Euro 2020 dopo la bellissima doppietta alla Scozia, non sarebbe mai dovuto arrivare alla Roma perché nell’estate del 2016 – appena 5 anni fa, sembrano trascorsi almeno il doppio – Walter Sabatini fu bloccato da Pallotta e non riuscì a prenderlo neppure per quattro milioni e mezzo. Riuscì a portarlo in Italia la Sampdoria, lui esplose con 13 gol in 35 presenze e convinse la Juventus ad acquistarlo. Non passò le visite mediche per un problema di poco conto al cuore, se ne andò dopo l’Europeo in vacanza alle Maldive convinto di rientrare a Torino ma i termini per la clausola da 25 milioni erano scaduti e Ferrero voleva un prezzo più alto. La Juve si tirò indietro, lo stesso Schick, come racconterà anni dopo, era “molto arrabbiato” e la Roma si inserì in questa situazione.

Seconda scelta

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Era l’estate dell’addio di Totti, Monchi cercava un colpo per ridare entusiasmo alla piazza, fece di tutto per prendere Mahrez, l’esterno che chiedeva Di Francesco, ma alla fine dovette ripiegare su Schick, il giovane talento che piaceva a mezza Europa e la Roma, con una formula molto complicata, avrebbe pagato oltre 40 milioni. Con la società giallorossa l’amore non è mai sbocciato, tanto che l’attaccante ceco ha giocato 58 partite segnando appena 8 reti. Il momento più alto la presenza dal primo minuto nella sfida vinta contro il Barcellona in Champions (prestazione perfetta), il più basso l’errore a tu per tu con Szczesny a Torino che, chissà, avrebbe potuto cambiare davvero la sua storia italiana.

I motivi del flop

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Schick ha lasciato la capitale due anni fa andando a giocare prima al Lipsia in prestito e poi al Bayer Leverkusen a titolo definitivo (26.5 milioni) e in Germania ha segnato 23 reti in 64 partite. Tanti i motivi del flop romano: il primo ha il nome di Edin Dzeko. Non che i due non andassero d’accordo, anzi. Forse il legame fortissimo con il bosniaco, sempre prodigo di consigli e suggerimenti, ha impedito a Schick di avere quella cattiveria che, invece, gli sarebbe stata molto utile. Nella Roma giocava o seconda punta (raramente) o esterno d’attacco, non esattamente i suoi ruoli, perché il totem di quella squadra era Dzeko. In sintesi: Schick è arrivato nel posto sbagliato al momento sbagliato. La Roma ha cambiato ds, allenatori e capitani, in nazionale si ritrovava sempre, ma appena metteva piede a Trigoria sembrava essere in un tunnel. Fisicamente anche non era quasi mai al top, adesso a 25 anni è cresciuto come stazza e anche mentalmente, si è sposato ed è diventato papà e ha raggiunto una serenità che, senza la pressione romana, gli consente di fare la cosa che sa fare meglio: giocare a calcio. Il talento c’è sempre stato – e chiunque lo vedeva allenarsi a Trigoria lo sa -, la fiducia invece no. La sua (aveva poco più di vent’anni) e quella di chi aveva investito un capitale per acquistarlo.

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