Shevchenko: “Allenare il Milan? Lo spero. Maradona dopo Istanbul mi disse… “

Andriy Shevchenko, ex attaccante del Milan, ha rilasciato delle dichiarazioni nella trasmissione ‘Che Tempo Che Fa’ condotta da Fabio Fazio

Enrico Ianuario

2 maggio – Milano

Andrij Shevchenko, ex attaccante del Milan e attuale commissario tecnico dell’Ucraina, è intervenuto nella trasmissione televisiva ‘Che Tempo Che Fa’ condotta da Fabio Fazio. Queste le dichiarazioni dell”Usignolo di Kiev’.

Sullo scudetto dell’Inter: “Conosco Antonio (Conte, ndr), sono contento perché ha fatto un grande lavoro”.

Sul Milan attuale: “Il Milan sicuramente sicuramente si impegnerà di più, la squadra sta crescendo. Speriamo che arrivi la Champions League”.

Sulla storia del libro: “L’Unione Sovietica stava cadendo a pezzi, la situazione non era stabile. Il calcio mi ha salvato, mi ha portato fuori dalla strada. Molti miei amici non ce l’hanno fatta”.

Sulle parole di Maldini: “Maldini è un grande capitano. Le sue parole mi fanno commuovere. Sono stato fortunato ad aver giocato con un grande campione come lui, Costacurta, Kakà, Pirlo, Gattuso. Tutte persone per bene. La prima volta che ho incontrato Maldini con le nazionali, ho detto ‘che mostro, non riesco a superarlo in velocità, è potentissimo’.

Sul 5 novembre del 1997 (3 gol contro il Barcellona): “Non sapevo che mi stesse guardando il Milan. E’ stata una serata incredibile per me e per la squadra”.

Sull’esplosione della centrale di Cernobyl: “Ricordo bene quello che accadde. Mi portarono sul Mar Nero. Dopo la prima esplosione la situazione iniziava a peggiorare. C’era il rischio che poteva esplodere tutto. Le autorità capirono che si trattava di un pericolo enorme. In una giornata hanno preso la decisione di portare tutti il più lontano possibile. Lo stesso fece mia mamma con me e mia sorella, quando avevo nove anni. Non avevo vissuto male quella esperienza, non capivo bene. Ero un bambino allegro, mia sorella stava vicino a me. Abbiamo passato tre mesi insieme.

I tempi della Dinamo Kiev: “La filosofia di Lobanovski era giusta. Per vincere ed essere competitivi dovevamo allenarci sempre di più. Ha dato una grande conoscenza del calcio. La salita della morte era composta da tante corse, poi un test. Cinque volte 300 metri con la velocità massima e poco recupero. Ho visto persone stare male, me compreso. Al Milan i ritmi non erano diversi, ma il modo di allenarsi si. Il lavoro è basato più sulla tattica. Durante le partite l’intensità era più alta”.

Sul dialetto milanese: “La prima parola che mi insegnò Billy (Costacurta, ndr) fu ‘Bauscia’. Si è preso cura di me, uscivamo sempre a cena, mi dava passaggi in auto, mi fece conoscere i suoi amici. Milano all’inizio per me era tutto uguale, la prima volta andai a Verona piuttosto che a Milanello. Albertini mi insegnò a cucinare risotto alla milanese e cotoletta. Ancora oggi le mangio”.

Su Berlusconi e la cura del look: “Penso che il presidente si aspettava dal giocatore che si presentasse bene, con un look adatto al Milan”.

Sulla vacanza concessa da Berlusconi: “Andammo io, Albertini, Costacurta e Ambrosini: è stato molto bello. Il presidente mi disse che se avessi fatto 25 gol mi avrebbe concesso la vacanza, ne feci 24 ma Berlusconi è stato molto gentile a concedermela ugualmente”.

Sul pallone d’oro: “Galliani quella sera venne a Kiev a vedermi la prima volta. Quella sera feci una partita bruttissima, Braida convinse Galliani ma anche lui ha creduto in me. Alla fine ho vinto questo bellissimo trofeo”.

Cos’è il Milan per lui: “Volevo dire che il Milan non è solo una squadra, ma una grande famiglia. Ho scritto ‘grande storia del calcio mondiale’, ma la cosa più importante sono le persone che lavorano dentro”.

Se un giorno allenerà il Milan: “Vediamo, lo spero. Se diventerò allenatore del Milan verrò di nuovo come ospite (ride, ndr)”.

Sulla moglie: “Si, grazie a Giorgio Armani ho conosciuto mia moglie in una serata. Giocavo a golf con mio suocero, arrivò Kristen (la moglie, ndr) e ci sposammo alla 14esima buca. La data è il 14 luglio. Ma è una storia particolare, lei era incinta del nostro primo figlio. Al termine della stagione non volevo organizzare un matrimonio, era meglio fare una vacanza. Alla fine, tra una buca e l’altra, ci sposammo. Ma poi continuai la partita. In quel momento non si capiva chi stesse vincendo, dovevamo continuare. Alla fine ho vinto io”.

Gli incubi di Instanbul: “Mi svegliavo di notte, non potevo credere che sia successo una cosa così. Ancora oggi non ci credo. Nello sport, però, ci sono cose da accettare, non possiamo controllare tutto”.

Il consiglio di Maradona: “Fu lui a dirmi di dimenticare Instanbul, ci incontrammo a Milano e feci una chiacchierata con lui”:

Sul rigore contro la Juve: “Ancelotti voleva che calciassi per primo, io dissi di calciare per ultimo. Sentivo questa cosa, dopo è una storia. Mi è passata tutta la vita in quei 40-50 metri. Da bambino sognavo quel momento, ero così concentrato e sicuro che riuscii a segnare il rigore”.

Ultima partita con  l’Ucraina nell’Europeo del 2012: “Ho sofferto tantissimo, avevo mal di schiena. Non erano i miei anni migliori della carriera, vivevo un periodo difficile. Non ho mollato, credevo molto in me e finire in quel modo, davanti al mio pubblico, è stata una gioia incredibile”.

Su Tassotti come vice: “Stiamo lavorando da cinque anni, sono grato a lui per aver accettato di lavorare con me. Senza di lui, nei primi passi, mi ha dato tantissimo. E’ sempre vicino a me”.

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