Sfottò e colpi proibiti: Ibra non risparmia nessuno. Nemmeno CR7 e Materazzi

Prima di Zapata, altri malcapitati avevano battibeccato con Zlatan: a volte s’è chiuso tutto con un sorriso, altre volte è finita a botte

Botta e risposta, a volta solo botte. Quello di sabato scorso con Zapata è stato solo l’ultimo siparietto con Zlatan Ibrahimovic come protagonista. I vincenti, si sa, hanno due caratteristiche che li elevano rispetto ai “comuni mortali”: detestano perdere e traggono motivazione dalle sfide personali, dagli uno contro uno, dal dover zittire un avversario colpevole di qualche gesto, o parola, sopra le righe. E così, all’ironia del colombiano (che, con Milan-Atalanta già sul 3-0, ha detto allo svedese “Volete forse il tredicesimo rigore?”) Zlatan ha risposto secco: “Ho più gol fatti io che partite giocate tu”. Uno scambio che non ha di certo contribuito a cambiare il risultato, ma che è quantomeno servito per ribadire le gerarchie tra i due. Non è la prima volta, dicevamo, che lo svedese anima confronti come questo. In alcune occasioni il “provocatore” è riuscito nel suo intento, in altre Ibra ha dimostrato la sua superiorità. In altre ancora, invece, è finita letteralmente a mani in faccia.

Dal dischetto

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L’episodio più recente risale sempre a questa stagione. Milan-Verona, 8 novembre: i gialloblù sono sul 2-1 e al 66’ l’arbitro fischia un rigore per i rossoneri. Sul dischetto va Ibra, reduce da un errore in Europa League, ed è proprio lì che Silvestri, portiere del Verona, va a punzecchiarlo: “L’ultimo lo hai sbagliato, no?”, gli dice. Ibra non lo guarda, abbassa la testa e calcia alle stelle. Una tattica ben riuscita, sulla quale anche lo svedese ha poco da dire: “Beh, aveva ragione visto che l’ultimo l’ho sbagliato”. Una mossa che porterà lo svedese addirittura ad “abdicare” dal dischetto in favore di Kessie, almeno fino alla gara di Cagliari. I siparietti dagli undici metri non sono una novità: il 6 maggio 2012 la Juventus vince il primo di 9 titoli consecutivi grazie anche alla sconfitta del Milan nel derby contro l’Inter (4-2). Sul risultato di 1-0 per i nerazzurri, Ibra va dal dischetto contro il suo vecchio compagno di squadra, Julio Cesar. Il portiere brasiliano cerca di distrarlo in tutti i modi: si avvicina, gli dice qualcosa, gli fa la linguaccia e torna tra i pali. Ibra calcia forte, segna e risponde. Sarà proprio il portiere a rivelare lo scambio di battute: “Gli ho detto ‘non tirarlo forte e centrale, pezzo di m… se no te lo paro’. Lui ha calciato alla grande, e mi ha risposto ‘Julio, vai dentro e prendi il pallone, pezzo di m…'”. Stima reciproca. Come quella che c’è tra lo svedese e Cristiano Ronaldo, anche se il primo non smetterà mai di dire che il vero Ronaldo è il Fenomeno. In Milan-Juve dello scorso campionato, in occasione di un altro rigore, CR7 urla a Szczesny (e l’invito risuona forte in un San Siro vuoto): “Lo conosci, glielo pari!”. Il trucchetto non funziona, Ibra segna e si rivolge con un sorriso al portoghese, che ricambia alla stessa maniera.

Botte

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A volte, per suscitare una reazione nello svedese, non è stata necessaria neanche una provocazione. Così, ad esempio, nel febbraio 2012 Ibra fu espulso per una manata no-look in faccia ad Aronica, reo di aver colpito Nocerino. Episodio simile a un altro dell’anno prima, quando lo sfortunato Marco Rossi, difensore del Bari, fu colpito alla pancia dopo un anticipo su Zlatan, assolutamente senza motivo. Un “vizio” esportato anche negli Stati Uniti: in un match del 2018 contro il Montreal Impact, Ibra colpisce con uno schiaffo da dietro il difensore Michael Petrasso e si fa buttare fuori. Altre volte, un rapporto non proprio idilliaco con un ex compagno di squadra si è evoluto in una serie di provocazioni e controprovocazioni, poi sfociate in scontro fisico (neanche troppo imprevedibile, se si pensa che quell’ex compagno di squadra è Marco Materazzi): la resa dei conti nel derby del 17 novembre 2010, con lo svedese che atterra Matrix con un colpo di taekwondo, costringendolo a lasciare il campo in barella.

“Io so’ io…”

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Deve aver pensato a “Il Marchese del Grillo”, lo svedese, in uno dei siparietti più iconici della sua permanenza al Psg. In una partita contro il Saint-Etienne del 2015 lo svedese ha un battibecco con un avversario, Paul Baysse. La discussione si accende e, per chiuderla marcando la netta differenza tra i due, Zlatan guarda il retro della maglietta del difensore, per leggerne il nome: “E tu chi sei?”, chiede lo svedese. Una scena che riesce particolarmente bene, perché l’avversario fa lo stesso gesto che ha però un impatto molto diverso, ai limiti del ridicolo. Nel film di Monicelli Alberto Sordi, nei panni del Marchese Onofrio del Grillo, scampato un arresto per le sue origini nobiliari si rivolge ai frequentatori di un’osteria e rende immortale questa battuta: “Mi dispiace, ma io so’ io, e voi non siete un c…”. Più o meno quello che deve aver pensato Ibra del povero Baysse.

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