Niente repliche ma ai nerazzurri non è piaciuta la battuta di Max sulle guardie e sui ladri… Da mesi ormai la caccia al titolo si gioca anche sulle frecciate sue e di Marotta
18 gennaio – 00:04 – Milano
Di parolina in parolina, di battutina in battutina, la faccenda si è ingrandita. E la temperatura-scudetto tra Milano e Torino si è fatta alta, come non accadeva da un po’. Questo Inter-Juve per la vetta è tornato a giocarsi (e incendiarsi) soprattutto fuori dal campo. È un continuo scagliare frecce da un accampamento all’altro: a volte l’arciere ha un ghigno malizioso e a volte un sorriso che sembra ingenuo, ma l’effetto non cambia e gli eserciti rivali si accendono. Il tifoso juventino, ad esempio, ha brindato quando Massimiliano Allegri ha scoccato un dardo talmente sottile e affilato da arrivare in Medio Oriente: “È come giocare a guardie e ladri, uguale! I ladri scappano e le guardie rincorrono…”, ha detto martedì sera, dopo aver regolato il Sassuolo. E sono fischiate le orecchie agli interisti appena atterrati a Riad.
allegri e marotta
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Max partiva dall’espressione cara a Marotta della lepre capolista e del cacciatore secondo, rintuzzava il rapporto tra nerazzurri primi e i bianconeri secondi. “Guardie e ladri” è un gioco che unisce tutti i bambini del mondo, ma citarlo dopo settimane arroventate di polemiche arbitrali ha lasciato il sospetto che l’astuto Max volesse dire qualcosa di più. Che la parola “ladro” sia stata levigata prima, scelta con sapienza e scaltrezza. Almeno così pensano all’Inter, infastidita per la dichiarazione. In casa Juve, invece, ribadiscono, che dietro non ci sia alcun retropensiero: era solo una battuta istintiva tipica del sanguigno livornese. La capolista in trasferta in Arabia ha avuto ben altra percezione: per i nerazzurri l’insinuazione non è stata poi così elegante e andrebbe rispedita al mittente. Per il club di Zhang non è comunque il momento di rispondere ufficialmente perché da domani c’è in ballo una Supercoppa, ed è quello il focus. Di ritorno in Italia, è probabile che si continuerà a parlare di prede che schivano gli schioppi di fucile o di gendarmi che inseguono furfanti in fuga: in questa lotta scudetto pure le metafore sono diventate armi improprie. I punti che separano le squadre in classifica e il calendario fanno il resto: lo scontro diretto del 4 febbraio a San Siro si intravede all’orizzonte.
amici-nemici
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Massimiliano Allegri, detto Max, e Giuseppe Marotta, da sempre per tutti Beppe. Il toscanaccio ruvido e sornione di qua, l’attento politico varesino di là: navigati marinai tra le onde del calcio, conoscitori della psicologia che serve per portare a casa i campionati. Sono caratteri diversi, pratici e vincenti, che il calcio ha prima avvicinato, poi allontanato. E poi ha quasi riavvicinato ancora. Quando Conte lasciò la Juve nel luglio 2014, il Marotta juventino azzeccò la scelta Allegri per allungare il ciclo. E l’anno scorso, quando Inzaghi traballava, l’a.d. ha sondato il vecchio amico Max per la panchina interista. Il matrimonio-bis non si è celebrato, ma adesso sono loro i capipopolo in missione, portavoce delle casate in lotta per il trono. Si prenda l’allenatore juventino alle cui orecchie è vietato parlare di scudetto: da mesi Max ripete che lui punta solo alla qualificazione Champions, perché in Italia esiste un’altra squadra, in divisa nerazzurra e con sede a Milano, più attrezzata per arrivare in fondo. Il 12 novembre, prima dello Juve-Inter d’andata, Marotta lo aveva però tatticamente sfidato sullo stesso terreno: “Sul medio-lungo periodo i bianconeri sono favoriti perché non giocano le coppe…”. Max è rimasto sul copione allora, e non ha cambiato neanche adesso: “L’Inter è una squadra costruita per vincere lo scudetto, la Juve ha intrapreso un percorso diverso e non ha questa ossessione”, ha ribadito prima del Sassuolo.
giochi mentali
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In viale della Liberazione pensano da un po’ che a Torino giochino furbescamente a nascondino, che il solo obiettivo sia scansare la pressione e caricarla tutta sull’attuale capolista: un’imboscata verbale prima di preparare quella in campo. Con sfumature diverse l’ha detto sia il d.s. Piero Ausilio a metà dicembre, sia alcuni soldati di Inzaghi: Acerbi con irruenza dopo il pari col Genoa a fine 2023 o Mkhitaryan con più accortezza in una intervista alla Gazzetta il 4 gennaio. Proprio al nostro giornale, in un contesto diverso, Marotta aveva tirato fuori per la prima volta la metafora preferita: “Oggi è meglio essere cacciatori che lepri…”, diceva l’a.d. a ottobre. La sua Inter in quel momento inseguiva la vetta occupata dal Milan. Ma in questi luoghi tutto cambia, la prospettiva sfuma veloce in base alla classifica. Per questo, dopo le polemiche sul gol di Frattesi al Verona, lo stesso Marotta ha invertito i ruoli: “Noi siamo la lepre che deve essere capace di schivare le fucilate dei cacciatori. Nessun favoritismo, siamo primi con merito”. Il calendario modificato dalla Supercoppa aggiunge pure peperoncino al piatto: con una partita da giocare in più, la Juve può presto prendersi temporaneamente la vetta. Due stagioni fa il dover inseguire, mentre si attendeva di recuperare la gara di Bologna, causò affanno psicologico nell’Inter, che mandò al Diavolo lo scudetto. Stavolta, i nerazzurri potrebbero arrivare alla sfida con la Fiorentina del 28 con un inedito -4. E a quel punto chi sarebbe la lepre? E chi la guardia?
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