ROMA – Un approfondimento può aiutare a illuminare la cronaca e forse a chiarire alcuni aspetti relativi alla tattica, superata dai tempi e dalla convinzione radicata degli allenatori più forti del mondo, a partire da Guardiola e da Ancelotti: i giocatori determinano e vincono le partite, non c’è modulo che tenga. Conta l’interpretazione. E soprattutto, come spiegano e raccontano a Coverciano, il calcio è movimento, si sta trasformando anche solo rispetto a cinque o sei anni fa. Non è il Subbuteo o un gioco di posizione, altrimenti Pavard con il suo inserimento non avrebbe deciso il Derby d’Italia, occupando una posizione più avanzata rispetto a Darmian e Barella. Inzaghi da otto anni non cambia il 3-5-2 ma lo ha arricchito di soluzioni. Allegri è risalito al secondo posto scegliendo un modulo. Gli ultimi 20-25 minuti di Bergamo, almeno per chi li ha visti bene e senza pregiudizi verso Sarri, hanno lasciato delle tracce. Pedro, entrando in maniera più convincente rispetto alle ultime uscite, si è accentrato più volte, quasi agendo da trequartista. Cercava l’imbucata o il passaggio filtrante, gli è riuscito per Guendouzi, anticipato da Carnesecchi. Ha servito altri palloni interessanti da una posizione centrale. Era cambiato il modulo? No. Semplicemente Pedro stava partecipando in maniera diversa alla costruzione offensiva, lasciata da Sarri al talento individuale (si occupa molto di più della fase difensiva, il vero valore aggiunto della sua gestione).
Lazio, tiri da fuori
Alla Lazio quest’anno mancano in assoluto gli assist e i gol. Ha perso creatività e fantasia, non solo a causa della cessione di Milinkovic. Non è casuale l’altro segnale assicurato da Immobile. E’ entrato bene, era vivo, ha guadagnato e trasformato il rigore, è andato vicinissimo al raddoppio di testa. Quello era un tiro, anzi un’occasione, ma non ha centrato il bersaglio. Così come in pagina c’è la foto di Felipe che tira addosso a un giocatore dell’Atalanta da buona posizione. Un’altra palla-gol e in precedenza ricordiamo il sinistro di Isaksen sopra la traversa. E magari a Bergamo sarebbe cambiata la partita se il brasiliano avesse subito segnato. Sarri agli esterni chiede un movimento superiore e un attacco alla porta più incisivo.
Disegno Lazio
I numeri vanno saputi leggere. La Lazio tira poco e male: 243 conclusioni, di cui 101 fuori dallo specchio, 70 respinti e solo 72 in porta. E’ peggiorata la percentuale di realizzazione rispetto allo scorso anno, ma dal punto di vista “grandi occasioni”, calcolate da Opta, occupa il dodicesimo posto, non l’ideale, ma neppure così indietro come al capitolo finalizzazioni. Sarri non crede al cambio di modulo, dovrebbe sacrificare Zaccagni, l’esterno più forte in rosa, e la Lazio è costruita per il 4-3-3, anche se manca di centrocampisti di inserimento. Entrano in pochi in area, senza considerare gli infortuni di Ciro e la luna calante di Luis Alberto. Mau ha provato due volte nel finale di partita il 4-4-2. Il 4-2-3-1, mancandogli un vero trequartista, lo attrae poco. Certo la rigidità lo ha frenato e un’empatia superiore nei confronti del gruppo lo aiuterebbe. Qualche accorgimento, restando nel solco del disegno tattico, è possibile ma bisognerebbe partire da uno scatto di mentalità e di prestazione da parte dei giocatori.
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