Sarà l’Europeo più bello per tutti: è il filo che ci riannoda alla vita normale

Si giocherà in tanti Paesi, è stato faticoso da organizzare certo, ma ha acquistato strada facendo un suo senso preciso, non solo sportivo: è giusto che la ripartenza sia comune, dal momento che comune è stata la sofferenza

Stefano Barigelli

11 giugno – Milano

Siamo tutti azzurri. Da oggi e per un mese, speriamo. È sempre stato così in questo Paese per natura e storia diviso, ma stavolta è ancora più vero. L’Italia che scende in campo stasera all’Olimpico riannoda il filo con la vita che avevamo e che è stata travolta, sconvolta da un virus che ha cambiato la faccia del mondo, le abitudini di ciascuno e ha portato via milioni di esistenze. Conta che si giochi, conta che ci sia il pubblico. Contano le cose a cui non badavamo, che davamo per scontate e che scontate, l’abbiamo imparato, invece non sono.

Alla fine questo Europeo che si giocherà in tanti Paesi, è stato faticoso da organizzare certo, ma ha acquistato strada facendo un suo senso preciso, non solo sportivo: è giusto che la ripartenza sia comune, dal momento che comune è stata la sofferenza. Il logo dell’Europeo ha ancora l’anno originario (2020) proprio per ricordarci tutto questo: cosa abbiamo alle spalle, cosa vogliamo metterci alle spalle.

Poi c’è il calcio, naturalmente. Con le sue squadre favorite, le sorprese, i campioni attesi e quelli che invece magari non t’aspetti. L’Italia di Mancini viene da una serie di risultati positivi che autorizza un discreto ottimismo. Eccedere sarebbe un errore. Intanto perché la Nazionale ha vinto l’Europeo solo una volta, nel ‘68, in casa, dopo una semifinale superata con la monetina e una finale ripetuta. Poi perché ci sono formazioni più forti, la Francia su tutte. Mancini ha però saputo dare alla squadra una sua fisionomia precisa, ha creato un gruppo in cui molti giocatori riescono a fare meglio di quanto abitualmente fanno nei rispettivi club. È successo a pochi altri commissari tecnici. Quelli che hanno vinto qualcosa, per intenderci.

Il centrocampo è il nostro punto forte potenziale: ha perso Zaniolo, Pellegrini e al momento Verratti, eppure può contare su Locatelli, Jorginho campione d’Europa e Barella campione d’Italia, che si candida per un ruolo da protagonista nella competizione. Poche altre hanno la stessa qualità. Insigne e Berardi, ma anche Chiesa, arrivano nelle condizioni giuste per il compito creativo a cui sono chiamati. Immobile o Belotti si confronteranno con il meglio degli attaccanti: Mbappé, Benzema, Lewandowski, Lukaku. Molto dipenderà però dal rendimento della difesa, che poggia ancora su Bonucci e Chiellini, presenti già alla finale persa contro la Spagna di nove anni fa, con Prandelli in panchina. Previsioni e pronostici che già valgono quello che valgono, in un Europeo valgono ancora meno.

Le vittorie della Grecia, della Danimarca e anche quella dello stesso Portogallo nell’ultima edizione, sono state il clamoroso rovesciamento di ogni senso comune. Oltretutto questa stagione è stata stressata da calendari impossibili e da preparazioni approssimative che hanno deformato le prestazioni e condizionato i risultati. Nelle due Coppe europee, Champions ed Europa League, hanno vinto le squadre che non t’aspettavi: Chelsea e Villarreal. Due squadre meno forti di City e United, ma arrivate meglio alla sfida decisiva.

Conteranno insomma molto di più le condizioni in cui saranno le squadre, i singoli giocatori, piuttosto che i valori assoluti. Aspettiamoci sorprese. Un ruolo in commedia fatto apposta per l’Italia, che così ha vinto gli ultimi suoi due Mondiali e che mai, invece, è arrivata in fondo quando tutti pensavano ci arrivasse. Sarebbe bella una sorpresa azzurra. Non aspettiamo altro.

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