Sacchi: “Via chi non lo segue Mi difese in soli 30 secondi”

Arrigo Sacchi tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta passava per visionario – non sempre nel senso buono… – anche al Bellaria, al Rimini. A chi chiede, Sacchi risponde che insomma, in quelle società e in quegli spogliatoi c’era ampia diffidenza. Berlusconi ha avuto il coraggio di fidarsi di lui pochi anni dopo, scegliendo un allenatore arrivato settimo in B. Per questo Sacchi avrà riconoscenza per sempre.


Quando vi siete parlati per la prima volta?

“Dopo un’amichevole: un minuto, non di più. Mi ha detto: ‘la seguo’. La prima volta che mi ha chiamato ad Arcore, pensavo volesse parlare di Mussi, Bianchi, Bortolazzi o qualche nostro giovane”.

E quando ha capito…

“Ho detto ‘O siete geni, o siete matti. Datemi il contratto e firmo in bianco, tanto faccio un anno e poi smetto’. Mi hanno dato meno dello stipendio di Parma e scherzando lo ricordo sempre a Galliani. Però Berlusconi mi ha cambiato la vita”.
Com’era negli anni d’oro?

“È sempre stato un signore, oltre che un fenomeno: era avanti 10 anni. Ha lasciato un segno indelebile, fece iniziare il Rinascimento del calcio italiano a modo suo: al Milan allora c’era uno stile, fatto di intelligenza e volontà, c’era un sogno. Poi il presidente non mollava mai, non dormiva mai”.
Com’era litigare con lui?

“Non è mai successo. O meglio, mi ha sempre ascoltato e mai criticato, anche il giorno in cui ho lasciato in panchina Van Basten. La trattativa più difficile, per Carlo Ancelotti. Il medico del Milan diceva che aveva un’invalidità al ginocchio del 20% ma chiesi a Berlusconi di prenderlo comunque, perché con lui avremmo vinto lo scudetto. Alla fine, mi ascoltò: ‘Agli ordini’ “.
Con la formazione come la mettiamo?

“Ci sentivamo tutti i giorni ma non mi ha mai chiesto di far giocare un giocatore. Con me è stato molto democratico e non mi ha mai tolto autonomia. Quando ero in difficoltà, il primo anno, fece un discorso alla squadra per difendermi: ‘Questo è l’allenatore che ho scelto. Chi lo seguirà, resterà qui. Chi non lo seguirà, andrà via’. Trenta secondi, i più efficaci che abbia mai sentito”.

Però quella volta in cui voleva per forza Claudio Borghi…

“Io non ero d’accordo perché Borghi si era allenato con noi, sapevo che era un pessimo professionista. Andai da lui, era con Craxi: ‘Presidente, se vinciamo lo scudetto, Borghi non viene’. Lo vincemmo”.
A 28 anni di distanza dal 1988-89, quale lezione resta del Berlusconi presidente?

“Il suo sogno ambiziosissimo ma realizzato: vincere divertendo, giocando bene. La lezione che la bellezza non è in contrasto con la vittoria. Berlusconi non ha mai percepito un successo senza merito. C’è chi dice che l’importante è solo vincere. Per lui non è mai stato così”.

 Gasport 

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