Sa 4 lingue, dipinge, gira col dizionario, fa l’imprenditore: Jankto non è un calciatore qualunque

In gol anche con il Crotone, il centrocampista ceco è diventato in breve tempo uno dei pilastri della squadra di Ranieri. Ma fa la differenza anche fuori dal campo

Pallone e pennello, la vita di Jakub Jankto scorre così. Nel salotto di casa dipinge quello che gli capita, realizza soprattutto ritratti. Cantanti, attori, sportivi e calciatori, tanto che - qualche anno fa - una tela l’ha riservata anche alla Dybala mask, raffigurando l’argentino della Juve nella sua tipica esultanza. In campo, poi, l’esterno della Samp disegna gol (già 4 in 13 giornate) e assist (due). Gli ultimi sabato, contro il Crotone: alla mezz’ora del primo tempo Ranieri lo sposta a sinistra, invertendolo con Damsgaard. È la mossa vincente, perché Jakub prima serve il danese con un precisissimo piattone sinistro e poi, 10’ dopo, con lo stesso piede insacca un tiro di La Gumina rimpallato da Marrone. Piccolo dejà-vu per chi, poco più di tre anni fa, aveva già segnato due gol a Cordaz. Jankto giocava con l’Udinese, faceva la mezzala e in panchina Oddo aveva appena preso il posto di Delneri. Dopo quella partita, i bianconeri infilarono otto risultati utili consecutivi prima che a febbraio si spegnesse la luce: 11 sconfitte di fila, squadra in ritiro punitivo. Il club sceglie uno degli alberghi più fatiscenti della città: “Mi sentivo uno schiavo, alcuni giocatori prendevano sonniferi per dormire”, racconterà lo stesso Jakub a Ceska Televize.

Nedved e la Juve

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Jankto è fatto così, estro e nessun pelo sulla lingua. Carattere da vendere, inevitabile per un ragazzo che ha lasciato casa appena maggiorenne. Lo descrivono molto parsimonioso, pregio quasi necessario per chi ha dovuto imparare a gestirsi da solo fin da subito. Nel 2014, dopo averlo visto segnare 4 gol al Montenegro U18, ad aspettarlo da Praga c’era l’Udinese, con cui dalle giovanili è arrivato fino alla Serie A. Nel mezzo, stagione 2015-16, un anno ad Ascoli in B. Una vita in bianco e nero, gioco del destino per chi da bambino guardava la Juve con occhi sognanti. Era la squadra del cuore del papà e poi ci giocava Nedved, simbolo con Baros e Rosicky di quella Repubblica Ceca che arrivò fino alle semifinali di Euro 2004, il primo torneo visto in tv dal piccolo Jakub. Già, la Juve: nell’estate 2018 il classe 1996, in rotta con l’Udinese, voleva lasciare l’Italia. Poi a Torino sbarca Ronaldo: “E adesso chi se ne va?”, ci ripensò. Quindi l’arrivo alla Samp, che per averlo investe 15 milioni. Il primo anno va male e gioca solo 7 partite da titolare in campionato. Difficile entrare negli schemi di Giampaolo, che gli preferisce i pupilli Praet, Barreto e Linetty. Decisamente meglio la stagione successiva, più a suo agio nei centrocampi a 4 di Di Francesco e Ranieri.

Imprenditore

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“Se vedi il portiere fuori, tira sempre”, gli diceva a Udine Dejan Stankovic, vice di Stramaccioni. In Italiano, perché Jankto lo ha imparato nel giro di tre mesi e ora studia per prendere il C2. Agli allenamenti con la Primavera si presentava con un dizionario sotto il braccio, sorprendendo l’allenatore Luca Mattiussi. Sa anche un po’ di spagnolo e, prima del covid, studiava russo tre volte a settimana. Zero tatuaggi, la faccia da bravo ragazzo tipica di chi studiava legge. Da grande si vede in panchina, ma ad allenare i bambini. Ad agosto Forbes lo ha anche inserito fra i migliori imprenditori U30 per aver investito negli Esports. Jakub ha una scuderia di 10 gamers e in patria ha acquistato una villa da 1,2 milioni di euro per ospitarli tutti nelle migliori condizioni possibili: due piani, sale e strutture in quello superiore, computer e palestra in quello inferiore. Vietati gli alcolici e il fumo, a loro disposizione pure un team di allenatori e psicologi. Il padre lo ha soprannominato Sampi, da Sampa Lajunen, fra i più grandi combinatisti nordici della storia con tre ori alle olimpiadi e altrettanti ai mondiali: “Devi avere la sua stessa mentalità vincente”, si raccomandò. Beh, è stato ascoltato eccome.

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