Rovella perno della nuova Lazio: è lui il regista di Baroni

ROMA – Il ringhio della Lazio è Nicolò Rovella da rinominare Nicolò Rotella, quella indispensabile. Mediano guastatore, catturapalloni, incontrista tambureggiante. Ma “ringhio” non basta più per rappresentarlo e tesserne le lodi così come è fuori luogo una certa retorica narrativa che lo riduceva solo a mastino ringhioso. Il Rovella di oggi è attore protagonista da regista, seminatore di palloni, costruttore di azioni. Si sta perfezionando nei lanci corti e lunghi, nelle sventagliate per i cambi di fronte. Baroni deve ai due mediani (anche a Guendouzi) la possibilità di reggere la Lazio formula 4 (attaccanti). Non è un caso che loro due abbiano strappato il record di maratoneti a Torino: 12.697 chilometri percorsi da Rovella, 11.589 da Guendouzi. Vuol dire farsi il mazzo.

Rovella, la chiave della rinascita nella Lazio

Baroni chiede ad entrambi di abbassarsi fino alla linea difensiva (a turno) per costruire. Rovella, a Torino, è stato il vero regista della Lazio: ha toccato 66 palloni (secondo solo a Tavares), ha indovinato 45 passaggi su 50 (più di tutti) e ha strappato sei possessi. In più 3 contrasti vinti su 5 e 3 intercetti (nessuno quanti lui). Il volume della sua partita totale chiarisce quanto si sia perfezionato, quanto abbia ampliato la gamma del gioco da centrocampista a tutto tondo. Il volume della corsa premia un giovin signore che l’anno scorso era stato frenato dalla pubalgia, il più subdolo degli infortuni. Solo chi sa mangiare pane duro si rialza. Mesi di sofferenza, mesi senza campo, senza Lazio. Rovella si è rigenerato da sé, sacrificandosi. Ha lavorato a giugno con il fisioterapista che l’ha seguito durante lo stop di febbraio e marzo, un fisioterapista della squadra l’ha affiancato durante la vacanza in Sardegna. Ancora oggi ogni giorno lavora prima e dopo gli allenamenti, rinforzamento muscolare e prevenzione. Segue una dieta specifica, tutti accorgimenti che l’hanno aiutato. Non ha mai mollato, mai molla, fino all’ultima stilla di sudore.

Da Thiago Motta a Palladino, poi Sarri e Baroni: i suoi maestri

Un fuoco divora questo ragazzo, 22 anni e 99 presenze in A, domenica contro l’Empoli farà 100. Nicolò è sempre stato un figlio prediletto per i maestri che ha avuto. Ha completato l’iter, manca solo la chiamata di Spalletti. Sotto l’ala di Thiago Motta ha esordito il 3 dicembre 2019, il giorno prima di compiere 18 anni, giocava nel Genoa, entrò in Coppa Italia, è il debutto da prof. Ha stregato Palladino a Monza, perno del suo gioco: «È da nazionale». Sarri l’ha eletto subito regista-sarrista: «Ha un dinamismo straordinario». «Mi affiderò ciecamente a lui», la devozione di Rovella a Sarri. Il Comandante l’ha strutturato tatticamente, la sua scuola è valsa come una laurea magistrale, percorso di alta formazione, esperienza sublime per chi deve specializzarsi. Con Baroni, nel 4-2-3-1, è più libero nei movimenti, questo lo porta a correre e rincorrere, abbattere avversari, rompere azioni e costruirle come quando s’è avventato su Ilic domenica, tackle volante, piede a uncino, palla consegnata a Lazzari, poi il tracciante di Guendouzi per Isaksen, assist per Dia (0-2). Le partite di Nicolò Rovella sono cariche d’effetti e d’affetto. Si gasa cantando “Quant’è bello esse laziali”, dopo Torino ha postato un coro dei tifosi, s’è intonato bene con la Lazio da subito: «È qualcosa che non so spiegare, la sento dentro». Rovella nel cuore e nel nome Nicolò, omaggio alla vittoria e alla lotta, c’è il suo destino, si traduce vincitore del popolo.

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