Rossitto: “Questo Napoli sembra il City! Da allenatore sono deluso, vi spiego il motivo”

Un’autostrada percorsa da una marea bianconera, una città a nord-est dove tradizione e innovazione vanno a braccetto, poi una più a sud dove amore e fantasia sono di casa. Fabio Rossitto ha 51 anni ed è pronto per una nuova grande avventura

Simone Lo Giudice

11 novembre

L’Udinese dei Pozzo, Big Luciano, Napoli da scudetto

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Pane, amore e fantasia: tre cose portate con sé per cinquantuno primavere, fatte di lavoro sodo e di una passione altrettanto spessa. Tutto è cominciato in Friuli Venezia-Giulia ad Aviano sotto gli occhi del nonno fondatore della squadra del paese ed è proseguito sotto quelli dei tifosi bianconeri ad un’oretta di macchina di distanza. Fabio Rossitto ha dentro l’etica del darsi da fare tipica della sua terra d’origine, ma anche la genialità che rende speciale Napoli dove ha giocato. I Pozzo sono stati una famiglia Pozzo di nome e di fatto, Luciano Spalletti un uomo dal multiforme ingegno che ama ancora inventare per provare a sorprendere sempre. Rossitto porta con sé gli insegnamenti dell’allenatore di Certaldo e oggi predica un’idea di calcio altrettanto coraggiosa. Aspetta solamente che arrivi l’occasione giusta per tornare in campo sulla sua amata panchina, il posto dove è stato bene.

Fabio, lei ha cominciato ad allenare dopo aver smesso di giocare: come sta andando il suo percorso?

Ho vissuto bei momenti a Pordenone in Serie C: la squadra sembrava spacciata con appena 6 punti, riuscii a farne 30 e andammo ai playout, ma perdemmo la finale e retrocedemmo. Alla Cremonese c’era una situazione difficile: la squadra era quintultima, poi vincemmo dieci partite su 15 risalendo fino al quinto posto. Sono rimasto deluso per come è finita con la società, mi aspettavo qualcosa in più. Ero entrato nel cuore dei tifosi, mi meritavo la conferma. Poi tornai a Pordenone e riuscii a portare la squadra ai playoff. Mi piacerebbe tornare. Penso di aver dimostrato qualcosa di importante. Spero solo che arrivi l’occasione giusta per me.

Che tipo di calcio le piace fare?

Voglio che la mia squadra sia propositiva. L’Udinese di Alberto Zaccheroni, pur essendo una medio-piccola, non si preoccupava mai dell’avversario. Ripeto sempre questa cosa ai miei giocatori. Eravamo inferiori a Milan e Inter, in campo però facevamo sempre il nostro calcio. Volevamo essere propositivi, arrivare prima sulla seconda palla, essere corti e aggressivi. Mi piace portare tutto questo nelle mie squadre, voglio che i miei ragazzi se la giochino sempre contro chiunque senza avere paura di nessuno.

Ha fatto solo l’allenatore dopo il ritiro?

Sì! È un lavoro che richiede attenzione 24 ore su 24. Bisogna saper gestire a livello tecnico e umano, saper motivare e spendersi tantissimo per fare la differenza. Se vuoi fare bene l’allenatore non hai tempo per fare altre cose. Ho fatto solo l’opinionista per un anno in una televisione di Udine col giornalista Paolo Bargiggia. Mi sono divertito. Ho imparato a vedere il calcio diversamente.

Lei tifava Udinese da piccolo?

C’era nel mio cuore, anche se la mia prima squadra era il Milan. Mio padre mi ha trasmesso la passione per i colori rossoneri. Da piccolo andavo a San Siro col Milan Club per vedere la squadra in B con Walter Novellino, Stefano Chiodi e Giuseppe Incocciati. Quando sono arrivato all’Udinese poi il mio cuore è diventato bianconero, oggi la prima cosa che guardo è il risultato dei friulani.

Com’è nato calciatore? Aveva qualche modello in famiglia?

No, io sono stato il primo. Mio padre era un grandissimo appassionato di calcio, ma non ha mai giocato. A me piaceva tanto fin da bambino, mio nonno aveva fondato la squadra del paese ad Aviano e mi seguiva. Mio padre non è venuto a vedermi e questo mi ha dato libertà. Ho iniziato il mio percorso piano piano e col tempo sono arrivato a Udine dove si faceva un calcio all’avanguardia. Nei primi anni facevamo avanti e indietro tra A e B. Quando la famiglia Pozzo ha compreso il meccanismo, abbiamo cominciato a crescere. Restare nella massima categoria ci ha dato stabilità. Abbiamo iniziato a divertirci con Giovanni Galeone e soprattutto con Alberto Zaccheroni. Eravamo avanti col nostro 3-4-3 che si faceva all’Ajax e al Barcellona. Era un calcio tattico, si attaccava in cinque e si difendeva in cinque, mettevamo tutti in difficoltà. Fu un’Udinese molto travolgente, eravamo ben preparati in campo.

Ci parla della famiglia Pozzo?

C’è competenza. La società sforna talenti da trent’anni, così ha ottenuto grandi risultati tra salvezze e qualificazioni europee. L’Udinese ha portato sempre grandi innovazioni, dallo stadio di proprietà alle strutture di allenamento. Sono felice di aver fatto il percorso dalla Primavera alla prima squadra con la famiglia Pozzo. Lavorano un po’ tutti dal grande Giampaolo Pozzo al figlio Gino che sta portando avanti il mercato. Rappresentano un esempio virtuoso in Italia dove abbiamo visto fallire tante società.

Qual è stato il suo giorno più bello a Udine?

Penso al 14 giugno 1992 quando vincemmo ad Ancona e andammo in Serie A. Venivamo da una settimana difficile, il confronto con il Cosenza era stato durissimo. All’ultima giornata eravamo a pari punti, dovevamo vincere. Loro hanno pareggiato, noi con i 3 punti siamo andati in A. Ho provato grande felicità nel vedere i tanti tifosi che erano venuti a vederci. C’era tantissima gente con noi in autostrada sulla strada di ritorno verso Udine, la festa era stata bellissima. Rivedendo le immagini mi emoziono ancora.

L’esperienza con l’Udinese le ha aperto anche le porte della Nazionale…

L’anno con Zaccheroni è stato fantastico. L’Italia mi seguiva, poi c’è stato l’infortunio di Antonio Conte. Venivo da un campionato importante, giocare in quel modo ha aiutato. Eravamo vicini alle idee del c.t. per Euro 1996, eravamo una squadra moderna.

Che differenze c’erano tra Arrigo Sacchi e Giovanni Trapattoni?

Erano molto diversi, ma accomunati da una grande passione. Sacchi era esasperato sotto certi aspetti, viveva di calcio anche di notte, cercava innovazioni, aveva uno spirito davvero incredibile. Trapattoni trasmetteva grande serenità. Facevano calcio allo stesso livello, ma ognuno a modo suo con le sue abitudini. Ricordo due grandi allenatori e due grandi uomini.

A proposito di allenatori: le piace Andrea Sottil?

Sta facendo vedere grandissime cose, è la rivelazione. Si è presentato in Serie A con un bel curriculum da giocatore e allenatore. Ha ottenuto ottimi risultati in B e C. L’Udinese ha giocatori di qualità, ma negli ultimi anni aveva sofferto, nessuno era riuscito a valorizzarla. Con Sottil è cambiato tutto. L’Udinese ha vissuto un momento fantastico, la gente non vedeva da tempo un gioco e un entusiasmo simile. Il mister ha dimostrato di saper portare qualcosa di nuovo per determinazione, grinta e idee. Sono felice per lui, vederlo calato così bene in questa nuova realtà mi ha fatto tanto piacere. Credo che Sottil possa fare una grande carriera.

Lei ha giocato anche nel Napoli: quest’anno è da scudetto?

Assolutamente sì! È la grande rivelazione di questa stagione che ha sorpreso un po’ tutti. L’estate scorsa c’era gente demoralizzata. Sono partiti giocatori come Lorenzo Insigne e Kalidou Koulibaly che sembravano insostituibili. Società e direttore sportivo sono stati fenomenali chiudendo operazioni incredibili. Poi c’è un allenatore come Luciano Spalletti, un vero maestro quando si tratta di mettere insieme il talento e farlo rendere. Il Napoli sta facendo vedere un calcio molto vicino a quello del Manchester City e delle altre big d’Europa. Fa un gioco moderno basata sull’uno contro uno, la squadra è corta e compatta. È bello vederla giocare.

Quanto pesano gli 8 punti di vantaggio su Milan e Lazio?

Tantissimo! Ci sarà una sosta anomala, il campionato non è mai stato spezzato per così a lungo ed è difficile prevedere come ricomincerà. Ad oggi pochissime squadre possono battere il Napoli. Il Mondiale può cambiare tante cose, ma la capolista ha dalla sua la carta dell’imprevedibilità, è difficile da leggere. Penso al secondo gol all’Empoli con dribbling, inserimenti, abilità tecnica. 

Quanto è vicina la piazza alla squadra nei momenti belli e in quelli brutti?

Napoli è Napoli, è una cosa a parte. C’è grande voglia di calcio e di emergere contro tutto e contro tutti. I tifosi sono l’uomo in più. Quando vai a giocare al Maradona l’ambiente si scalda, è difficile per tutti. Questo calore a volte mette pressione, ma essere in testa alla classifica col Napoli è il top per qualsiasi calciatore. Bisogna restare concentrati e giocare per la maglia e per i tifosi.

Com’era Spalletti ai tempi dell’Udinese?

Viveva già di calcio 24 ore su 24. Era bravo sul campo con la squadra e a livello individuale, abile a far crescere il materiale che aveva a disposizione. Ha portato innovazione ovunque. Oggi ha tra le mani una cosa tutta sua che ha saputo plasmare alla grande.

Quale aspetto accomuna di più il Napoli e Spalletti?

La fantasia! Il mister è sempre stato bravo a inventarsi qualcosa di diverso: penso a quando ha messo Francesco Totti falso nove con Simone Perrotta alle sue spalle. È sempre stato bravissimo a cambiare vestito in corsa e a saper leggere il momento giusto per apportare modifiche. Napoli ha nel suo Dna l’amore per la fantasia, per il numero dieci. In questo si assomigliano e si piacciono.

Il Napoli rischia di perdere punti contro l’Udinese?

È una gara molto pericolosa. L’Udinese sta vivendo un momento di flessione, ma è la tipica squadra che può mettere in difficoltà il Napoli. È ben piazzata, riparte forte e può metterti in difficoltà in qualsiasi momento. Sarà una partita bella e imprevedibile.

Come vede invece la ‘sua’ Fiorentina di nuovo protagonista in Europa?

Raggiungere la qualificazione è bellissimo, ma gestire l’impegno non è facile. Le coppe portano via molte energie fisiche e mentali però trasmettono tanta adrenalina e permettono di fare esperienza. Firenze ha bisogno di trovare stabilità in coppa e di crescere in campionato. Sta facendo bene. Bisogna solamente avere pazienza coi giovani talenti che non riescono ad esplodere subito. 

Abbiamo parlato tanto di calcio: ha qualche hobby per scaricare la tensione?

Mi piace giocare a calcetto, il padel invece non mi prende più di tanto. Adoro andare a correre, lo faccio quasi tutti i giorni. Mi dà grande libertà, mi fa rivivere la sofferenza nel cercare il limite, mi aiuta a restare collegato alle cose. Ho bisogno di sentire questo nel silenzio in collina o in montagna nelle mie scalate. È bello sfidarsi e mettersi alla prova per capire a che punto si è arrivati.

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