Ronaldo contro Insigne, il cuore di Juve-Napoli batte sulla sinistra

Pirlo contro Gattuso nell’Emilia del maestro Ancelotti. Per loro momenti opposti e due fenomeni sulla fascia

Reggiolo, paese natale di Carlo Ancelotti, è a una trentina di km dal Mapei Stadium. Andrea Pirlo e Rino Gattuso si sfidano nelle culla dell’amato maestro che imparò da questa terra e dal padre contadino l’umiltà e la saggezza del buon senso. L’albero di Carletto stava in perfetto equilibrio anche se aveva tre numeri 10 (Pirlo, Seedorf, Kakà) e due punte (Sheva e Inzaghi). Pirlo e Gattuso, che su quell’albero si compensavano a vicenda, vorrebbero avere la stessa saggezza per sistemare le loro creature. Il lancio di Bastoni che ha fatto fuori l’intera Juve è una macchia di sugo sulla giacca bianca del baby mister Pirlo. Ma anche Gattuso ha peccato di equilibrio in stagione, vedi la sconfitta interna con il Milan. Rino però ha guadagnato di recente buone risposte e si presenta lanciato dal set a zero, vinto sulla Fiorentina.

Pirlo, dopo la traumatica sconfitta con l’Inter, a 734 giorni dall’ultima finale vinta da calciatore (la Supercoppa di Gedda contro il Milan, 16-1-19) vuole il primo trofeo da allenatore, per rilanciare la Juve in campionato, ma anche per dimostrare al popolo che lui le finali le vince. Sarri ne ha perse 2 su 2. La Signora ha il record di Supercoppe vinte (8), ma anche di perse: 7, come le infelici finali di Coppa Campioni. Pirlo vuole cambiare l’andazzo. Gattuso vuole bissare il trionfo in Coppa Italia del 17 giugno scorso, il primo da mister. Il discorso finale all’interno del cerchio della squadra, presente De Laurentiis, fu il suo capolavoro. Aveva reso vincente ed empatica una squadra raccolta tra le ceneri di un ammutinamento. Quella sera De Laurentiis disse: «Solo noi teniamo testa alla Juve. Per lo scudetto ancora no, ma ce la faremo». Ecco, stasera il Napoli cerca ciò che è riuscito all’Inter: battere i campioni per convincersi di poter prenderne il trono. Il 13 febbraio si giocherà Napoli-Juve per lo scudetto. Pirlo voleva destrutturare la Juve, ma ha esagerato. Come i bambini che smontano i giocattoli e non sanno rimontarli. Cercava una squadra più liquida e imprevedibile, ma, senza un contenitore, l’acqua non sta in piedi. Sarri invece una struttura razionale a centrocampo ce l’aveva: un regista (Pjanic e o Benta), un interno di fatica (Matuidi) e uno da incursione (Ramsey, Rabiot). Pirlo, dopo tante rotazioni, è ancora alla ricerca della chimica giusta in mezzo al campo, dove l’Inter ha dominato. Stasera recupera le geometrie e il palleggio di Arthur, ma dovrà stare attento che Lozano a destra non faccia l’Hakimi. Se la Juve sarà ancora lenta e maldestra nelle transizioni difensive, il Napoli, che non riparte peggio dell’Inter, potrebbe farle male. Gattuso è molto più avanti nella ricerca a centrocampo. La terna che ha sventrato la Fiorentina è assolutamente competitiva per complementarietà di funzioni e gestione degli spazi. Bakayoko e Demme compongono una solida diga d’interdizione, con il francese che porta centimetri preziosi nei calci da fermo e il tedesco che offre regia e verticalità. Zielinski, pendolare tra la mediana e la trequarti, soccorre la rifinitura di Insigne e aiuta in copertura. Gattuso ha un vantaggio rispetto all’amico Pirlo: non ha buttato via la lezione di Sarri. Le idee del rivoluzionario che voleva assaltare il Palazzo, prima di farne parte, sono scivolate sotto la pelle del Napoli ed escono automaticamente. Come ha dimostrato lo splendido gol contro la Fiorentina, costruito da Insigne a sinistra e chiuso in rete da Lozano che si è avventato da destra come un Callejon. Gattuso non ha destrutturato nulla. Non ha disfatto orlo e cuciture. Ha portato accorgimenti a un abito che faceva ancora la sua figura. Tra i suoi primi meriti, quello di aver restituito il miglior Insigne, che era entrato in collisione con Ancelotti e con l’ambiente.

Soffermiamoci un attimo sui due totem, Lorenzo e CR7, perché la Supercoppa potrebbe decidersi lì, in alto a sinistra. Non esiste giocatore al mondo più decisivo di Cristiano in una partita dentro-fuori: una Treccani di precedenti lo dimostra. Pirlo ovviamente ci conta e spera che la cornice da finale risvegli il fuoriclasse che ha fatto da triste comparsa nei due match di San Siro. Pirlo quest’anno ha provato ad avvicinarlo a Morata e alla porta, a renderlo più centravanti, come gli aveva chiesto invano Sarri. Osservate i due campetti in pagina dei tocchi per zona. Le caselle più battute sono sempre le stesse: il tratto che lo porta dalla fascia sinistra all’area. CR7 produce tantissimo, ma sempre in proprio. E’ un piccolo, grande mondo a parte. Soprattutto a palla persa: ne recupera 1,93, un quinto di quelle di Insigne (5,43). Con questo contributo, difficile per Pirlo organizzare il pressing. Per questo stasera Kulusevski sostituirà Morata: un attaccante da lavoro a sostegno della sofferente mediana di San Siro. Insigne invece è pienamente inserito nell’organismo della squadra, di cui è l’equilibratore in entrambe le fasi. Stasera cercherà di trasformare Petagna nell’Higuain che segnò una doppietta nella Supercoppa vinta a Doha nel 2014 sulla Juve. Lorenzo, da capitano, vorrebbe sollevarne un’altra, la terza, e dedicarla a Maradona che alzò la prima, 1990, nello stadio che oggi porta il suo nome, dopo un 5-1 alla Juve di Maifredi. Riferimento che in queste ore di autocoscienza bianconera ricorre con preoccupazione.

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