Si allena, prepara il trolley e va. Sarebbe il comportamento ordinario di una trasferta normale, se non si trattasse di Dybala. Se Dybala non trattasse, anzi. Se Dybala fosse ancora con la testa su questo viaggio e niente altro. De Rossi ha deciso di convocarlo per Cagliari ma probabilmente lo manderà in panchina, come già aveva fatto la scorsa settimana contro l’Everton nell’ultimo test precampionato. La Roma si sta abituando all’idea di perderlo e vuole immaginarsi anche senza di lui, dopo due anni di dipendenza tecnica. Tocca allora all’erede designato, Mati Soulé, del quale l’allenatore ha evidenziato «da nerd» tutte le statistiche positive che ne avvalorano l’acquisto, dimostrare che in fondo un mondo esiste anche sena Joya.
Dybala in bilico
È inutile però fingere che sia il solito tran tran. Fino a due settimane fa Dybala e Soulé non erano alternativi ma complementari. Se Soulé ha scelto di giocare nella Roma lo deve anche all’amicizia con Dybala (e con l’altro argentino Paredes). Quell’azione inglese contro il Barnsley, passaggio verticale di Soulé e tocco sotto di Dybala, aveva fatto strabuzzare gli occhi anche agli osservatori più scettici. È comprensibile allora lo smarrimento di una tifoseria che deve assimilare una partenza non voluta. Con Dybala la Roma non ha vinto niente e neppure ha raggiunto un piazzamento Champions ma si è cullata nel sogno che potesse succedere. Così si spiegano gli striscioni e le scritte comparsi a Trigoria e in diverse strade della città (Paulo non si vende, Paulo non si tocca) che non riconoscono parametri finanziari accettabili a fronte di una perdita insopportabile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA