Roma: Mourinho fa poco turnover, ma i numeri gli danno ragione

L’allenatore deve fare i conti con una squadra visibilmente stanca, ma i risultati ottenuti con i non-titolari non incoraggiano il portoghese

Redazione

11 maggio

Rui Patricio; Karsdorp, Mancini, Ibanez, Vina; Cristante, Veretout; Zaniolo, Pellegrini, Mkhitaryan; Shomurodov. Questa è la formazione della prima Roma targata José Mourinho. Era il 19 agosto e i giallorossi si stavano giocando l’accesso alla fase a gironi di Conference League, l’avversario era il Trabzonspor. Si era giocato in Turchia, vincendo per 2-1 grazie ai gol del capitano e di Shomurodov.

Da allora, sono passati nove mesi, si sono giocate altre 50 partite, e contro il Leicester, la Roma ha staccato anche il pass per la finale di Tirana. È anche cambiato il modulo da allora: dal 4-2-3-1 di mourinhana ispirazione, si è passati al 3-4-1-2 o 3-4-2-1, dipende dall’occorrenza. Tammy Abraham è diventato imprescindibile, tra l’altro. E poi la squadra, anche se un cantiere a cielo aperto, era fresca.

Un elemento da non sottovalutare in una disamina dei fatti che parte da un presupposto semplice e che lo Special One ha ricordato anche prima della sconfitta contro la Fiorentina di lunedì: “L’Europa League la si deve conquistare con il piazzamento in campionato”. Sì, ma come?

La Roma stakanovista: Rui Patricio e Abraham (quasi) sempre presenti

I giocatori giallorossi, tra le italiane, sono quelli che hanno collezionato più minuti degli altri – per dire, dopo la Roma, Juventus e Inter sono quelle che hanno giocato di più: 49 partite, 50 con la finale di Coppa Italia di stasera, contro le 52 all’attivo degli undici di Mou. Il punto, però, non è solo quello: un altro dei leitmotiv del portoghese è proprio che “Inzaghi ha Gosens per coprire Perisic, la Roma deve schierare Zalewski, che fino a poco tempo fa giocava in Primavera”. E questo, per forza di cose, conta.

Rui Patricio ha saltato solo la partita contro il Cska Sofia in Bulgaria, il 9 dicembre, nelle altre 51 partite c’era sempre, e sempre fino alla fine. Roger Ibanez ha collezionato 3896 minuti in stagione ed è mancato solo con lo Spezia, il Verona, il Sassuolo e il Cagliari. Nonostante i turni di stop per le squalifiche, Gianluca Mancini è inamovibile nella difesa a tre di Mourinho, proprio come Chris Smalling, che da quando è stato recuperato è stato uno degli assi nella manica dello Special One, tranne contro il Bologna (partita pareggiata dalla Roma).

Poi c’è Henrikh Mkhitaryan: senza di lui in campo, i giallorossi hanno vinto solo con Zorya e i bulgari, e contro il Leicester ovviamente, hanno però guadagnato tre punti in cinque gare in Serie A, con la prima sconfitta proprio contro il Venezia, la prossima avversaria. Il Tammy imprescindibile è mancato solo all’andata delle qualificazioni di Conference e contro l’Inter all’andata (match perso 3-0 senza appello).

È vero che sono arrivati tantissimi gol nei minuti finali e da chi è subentrato, ma quando quegli stessi sostituti hanno avuto una maglia da titolari, la musica è cambiata. La prima sconfitta, quella contro il Verona, è arrivata quando l’armeno e Smalling sono entrati a partita in corso e a risultato compromesso: le carte Shomurodov e Calafiori non hanno funzionato. Il derby dell’andata si è perso senza Pellegrini e il difensore inglese; per non parlare della disfatta di Bodo. Titolari due su undici? Il risultato è noto, come è noto anche cosa ha fatto l’allenatore dopo tra dichiarazioni e scelte di campo.

L’Europa e Tirana: i dubbi di Mourinho tra turnover e stanchezza

Fino al Venezia. Che, come dicevamo prima, sarà la prossima avversaria della Roma. La partita dell’Olimpico di sabato è fondamentale. Al netto di qualsiasi calcolo, si deve vincere, ma una vittoria (fosse anche per 1-0) garantirebbe un posto in Europa ai giallorossi, che possono contare sugli scontri diretti a favore con Lazio e Atalanta, e che hanno una differenza reti migliore rispetto alla Fiorentina. Dall’altra parte, però, i neroverdiarancioni si stanno giocando la salvezza, e Sinisa Mihajlovic ne sa qualcosa.

La coperta, insomma, è piuttosto corta per José. Arrivare a Tirana riposati come il Feyenoord è quasi impossibile, dato che loro andranno in ritiro e che finiranno in campionato il 15 maggio (una settimana prima della Roma, presumibilmente). Arrivare a Tirana da ottavi potrebbe essere una motivazione in più per vincere a tutti costi la finale, ma non basterebbe a Mourinho. Arrivare a Tirana tranquilli e carichi è la via giusta, ma si deve fare attenzione. E ci si deve concentrare. Per fortuna c’è lui in panchina.

MARIACRISTINA PONTI

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