Roma, la Dybalite infuria

La Dybalite infuria. Livelli di contagio altissimi. E non fa male. La maglia 21 del lupus in fabula («chiunque sta meglio in giallorosso» ben detto signori Friedkin, sacrosanto, ma lui Paulo di più) messa in vendita nei siti e negli store ufficiali subito dopo l’annuncio ufficiale sta andando a ruba. Numeri paragonabili, per capirci, a quelli del primo anno di Cristiano Ronaldo alla Juventus. Un ritorno al feticcio della maglia che nella capitale non si vedeva dai tempi di Batistuta e prima ancora di Falcao, lasciando l’ovvio Totti nell’irraggiungibile dell’hors catégorie. Una puntatona dietro l’altra. Dal boato di José Mourinho allo sballo di Tirana, dal Colosseo sotto assedio all’annuncio di Dybala, scosse a ripetizione, la capitale giallorossa a precipizio nella serie: «Se è un sogno, non svegliateci». Il mondo romanista si conferma incline al manicomio. Viva i manicomi.  

A 28 anni e una storia calcistica che non è ancora un testo esplicito, Dybala ha l’età giusta e l’occasione unica. Raccontato come un talento immane, ma ondivago o comunque fragile, che sia di testa o di fisico, il ragazzo può affrontare oggi la sfida più esaltante della sua vita. Misurare il livello della la sua personalità, capire chi è veramente Paulo Dybala e cosa potrebbe diventare. Mai il suo arrivo in una piazza era stato accompagnato da un’attesa tanto morbosa. Mai gli era stato chiesto d’incarnare la figura di un eroe. Glielo chiedono nella città dei gladiatori. Nei prossimi tre mesi a Roma, esauriti i giochi di parola sulla “Joya”, la Joya ne saprà di sé come uomo e come calciatore più di quanto ne abbia saputo in tutti gli anni passati. Non tutti hanno la stoffa dell’eroe. L’orgoglio smisurato di andare incontro al desiderio e al delirio di centomila. Mourinho ne ha anche troppa di stoffa, Dybala lo scoprirà strada facendo. Una cosa è certa, e l’ha già capito, qua a Roma potrebbe vivere emozioni impensabili in qualsiasi altro club al mondo. Ma nulla è scontato e non basta il talento. Se feroce è l’attesa, feroce deve essere la voglia di corrispondere. 

Non accettare la maglia numero 10 di Totti è stato un errore. Bisogna caricarsi di tutta la pressione possibile se intendi il senso della sfida. Il 21 è il numero della perfezione, discende dal 3 e dal 7, due numeri sacri, ma vuoi mettere l’impatto emotivo, la combustione simbolica della maglia, la 10, che passa dalle mani di Francesco a quelle di Paulo? Hai presente l’incendio? «Prematuro», «irrispettoso», le obiezioni. Sei tu che devi rendere «maturo» quello che il buonsenso definisce «prematuro». Ha prevalso non so cosa, un eccesso di prudenza, forse di umiltà, certamente di fair play, in linea con questi tempi tristemente bigottoni. Mettere le maglie nelle teche, i ricordi negli scaffali, museificare la vita, ha qualcosa di contrario alla vita stessa. Che è un gioco infinito di rilanci, Bruno Conti che rilancia Totti, Totti che rilancia Dybala e Dybala chissà chi. Sarebbe stato un bene per tutti. Per Totti libero finalmente di scivolare fuori dalla gabbia del totem, i tifosi autorizzati a inventarsi un nuovo eroe, Dybala stesso al suo primo film da protagonista. Peccato. Magari, accadrà presto. Intanto, godiamocelo. La Joya ha veramente tutto per far godere la gente romanista. Genio e leggerezza. In un volto da bambino.

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