Roma, Dybala ferma il tempo

Abraham salva sulla linea, di testa alza l’incornata a fine recupero e fa più di un gol. Perché – ci scusi il Divino, ma siamo stati senza calcio per quasi due mesi e abbiamo voglia di esagerare – fa il Falcao. E già che ci siamo, illudiamoci.
Sappiamo da tempo che dobbiamo aggrapparci all’unica Joya. Sempre quella, piccola e grande, fragile e chic. Pensate un po’, stavolta Dybala è riuscito a farci credere che il campionato non si sia mai fermato. I 52 giorni di stop mondiale è come se non ci fossero mai stati. Perché bastano appena 4 minuti per vedere il lancio di Zaniolo che non va a vuoto. Scatta Paolino e conquista il rigore che, trasformato da capitan Pellegrini, rimette in moto la Roma.

Così Mourinho – squalificato e custodito preziosamente in una sala dello stadio – e l’Olimpico si abbracciano e riabbracciano il vice Messi. Che riparte, adesso campione del mondo, da dove aveva lasciato. Un rigore lo prese anche nel finale della partita con il Torino, l’ultima del torneo di apertura, sbagliato poi da Belotti. Ma comunque quel 13 novembre mise il timbro dal pari in rimonta dei giallorossi. Carezza di sinistro e traversa che diventa sponda per il sinistro del gol preziosissimo di Matic.

L’argentino entrò per giocare venti minuti più recupero e per essere decisivo nonostante fosse fermo da più di un mese, dal 9 ottobre per il successo contro il Lecce e dall’ultimo rigore realizzato con la Roma che è anche il suo ultimo gol giallorosso. Si fece male calciando per la vittoria.

Dybala è dunque lo stesso. Identico peso sul risultato e, per dirla alla José, indispensabile luce. Mou e la gente insomma possono stare sereni. Paulino non si è messo in pausa (fuori dopo 73 minuti per i crampi). Certificò il pari contro il Torino e ha fatto il copia incolla contro il Bologna. Il suo sprint è quello della Roma che, anche se non è ancora da applausi, è andata a dama. È l’unica cosa che conta. Perché, soffrendo e lottando, interrompe il digiuno all’Olimpico e, in classifica, supera l’Atalanta e aggancia la Lazio, ritrovandosi sull’uscio della zona Champions.

Non c’è solo Dybala, però, nella ripartenza giallorossa. Smalling, ancora indeciso se rinnovare il contratto, fa come sempre il professionista. Eccolo gigante contro Arnautovic e gli altri rossoblù. È sufficiente vederlo all’ultimo tuffo quando va a respingere – il suo intervento nel recupero vale come una paratona – il tiro di Pyythia. Meglio Chris, ha alzato il muro e spesso anche spazzato in tribuna, di Rui Patricio. L’inglese è stato più di un portiere.

Il successo fa la differenza proprio come Dybala. È quindi cambiato poco da metà novembre. Anche perché Mourinho è sempre senza Wijnaldum, ancora non recupera Belotti, aspetta che Solbakken entri in forma e che Karsdorp saluti. In panchina i suoi bambini che non lascia all’asilo. Gli servono: con il terzo portiere Boer, Bove e Zalewski (in campo poi nella ripresa), Volpato e Majchrzak (il più piccolo: 2004). Al debutto da titolare il preferito di José: il centrocampista Tahirovic. Benjamin di nome e di fatto. Mou lo vorrebbe già Thiago Motta, suo scudiero di riferimento e nella circostanza collega sulla panchina del Bologna. Al momento il diciannovenne con 191 centimetri e il doppio passaporto – svedese e bosniaco – è solo Xhaka de’ noantri, tanto per non cancellare dall’elenco inevaso lo svizzero che Mourinho ha cercato invano nell’estate 2021. Ma i suoi non sono solo piccoli passi.


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