Rocchi entra nella Hall of Fame del calcio italiano: “Chi è arbitro lo resta per sempre”

Arriva un riconoscimento per Rocchi: entrerà nella Hall of Fame del calcio italiano

Gianluca Rocchi, ex arbitro, è entrato ufficialmente nella Hall of Fame del calcio italiano. L’attuale designatore della CAN A e B ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni della Figc.

Di seguito quanto evidenziato:

“Sono contentissimo e orgoglioso di ricevere questo premio, non avrei mai immaginato di poter entrare nella “Hall of Fame”. I nomi dei premiati che mi hanno preceduto rendono l’idea dell’importanza di questo riconoscimento, ognuno di questi grandi arbitri ha fatto a suo modo la storia. Ognuno con la sua personalità, ognuno con il suo stile. Perché non esiste un arbitro uguale ad un altro”.

 “Sicuramente bisogna fare tanti sacrifici, ma le soddisfazioni sono tantissime. Ogni volta che fischi l’inizio di una partita, che sia un match di Promozione o la finale del Mondiale, ti metti in gioco. E’ una sfida con se stessi. La personalità è fondamentale, ma si può formare con il tempo. Un arbitro deve avere innanzitutto un profondo senso di giustizia, deve essere onesto intellettualmente ed essere innamorato del calcio.

Avevo quindici anni, giocavo a centrocampo ma senza avere grandi prospettive. E così ho deciso di restare in campo ma con un nuovo punto di vista. Arbitrare è una droga, quando inizi non vuoi più smettere. Chi ha fatto l’arbitro resta arbitro tutta la vita”.

Sulla nuova vita da designatore

“È molto più difficile che dirigere una partita. Quando arbitri devi pensare solo alla tua gara, adesso invece ad ogni giornata sono responsabile di 10 partite di Serie A e 10 di Serie B. E quando uno dei ragazzi sbaglia è come se quell’errore lo avessi commesso io”.

Sui giovani arbitri in rampa di lancio

“Sono ottimista, ci sono molti ragazzi bravi che hanno voglia di imparare e mettersi in gioco. Bisogna dar loro fiducia, con l’auspicio che non sentano questa fiducia solo dalla Federazione, ma anche dai club”.

“Il primo Roma-Lazio del 2007, poi Spagna-Portogallo, la prima delle tre partite che ho diretto nel Mondiale russo, e la finale di Europa League del 2019 tra Chelsea e Arsenal, il massimo per un amante del calcio inglese come me. Non a caso ho deciso di lasciare come cimelio al Museo del Calcio la divisa che ho indossato quel giorno”. C’è spazio anche per un rimpianto: “Ho diretto una finale di Europa League e una Supercoppa Europea (nel 2017, ndr), mi è mancata la finale di Champions League.

Ero dietro a Cristiano Ronaldo quando calciò la punizione del 3-3 contro la Spagna al Mondiale dando un effetto incredibile per superare la barriera e infilare il pallone sotto l’incrocio dei pali. Mi è rimasta impressa poi una giocata straordinaria di Messi in una partita di Champions League contro l’Apoel Nicosia, quando partì dalla sua area e scartò come birilli sei o sette giocatori”.

“Arbitrare o stare al monitor sono due mondi diversi. Più specialisti Var avremo in futuro e più alzeremo il livello”.

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