Riva: «Ljajic e il basket? Lavoro utilissimo: il talento si allena»

Riva: «Ljajic e il basket? Lavoro utilissimo: il talento si allena»
© Marco Canoniero

Intervista al grande “nembo kid” della pallacanestro italianatwitta

TORINO E’ più difficile imitare un’esecuzione su calcio piazzato di Cristiano Ronaldo o un canestro da tre alla Steph Curry? Per qualcuno come Adem Ljajic, la risposta potrebbe essere una “x” in schedina, vista la capacità del granata – da buon serbo – anche nelle esecuzioni da cestista. Ma per un campione di basket che ha costruito la propria epopea sul tiro dalla distanza – quell’Antonello Riva che con 14.397 punti è il miglior realizzatore nella storia della serie A italiana – non c’è dubbio: «Più difficile fare il lavoro di Ljajic. Chi calcia una punizione ha un ulteriore svantaggio rispetto a chi tira da tre: il portiere, che oltretutto si muove» dice il 54enne Nembo Kid. «Però tra le due esecuzioni vedo molti punti in comune».

Quali?
«L’aspetto mentale è quello principale: il cestista allena la testa a fare canestro in una situazione ‘agonistica’, lo stesso avviene per un attaccante che nella mente cerca di ricreare lo scenario della partita. E’ un vero e proprio ragionamento che si ripeterà durante la gara».

La pratica conta più del talento?
«Il talento puro conta, ma non basta. Chi sostiene il contrario racconta la principale balla spaziale legata allo sport. L’abilità si affina con l’allenamento e la ripetizione dello stesso gesto, l’allenamento serve per migliorare in età giovanile, poi diventa prezioso per mantenere un certo standard».

Il lavoro prevede la correzione legata più alla postura o al gesto tecnico?
«Tutto è collegato, anche per il calciatore che, se per esempio porta più indietro le spalle, calcerà il pallone più in alto. Ci si allena per evitare le variabili che non permettono di effettuare lo stesso gesto. Il cestista lavora per avere il gomito sempre in asse, ‘spezzare’ il polso allo stesso modo, saltare nella medesima maniera. Lo stesso vale per chi calcia una punizione e vuole decidere la direzione del pallone, e non vuole che a deciderla sia il pallone».

Vede nell’esercizio da cestista di Ljajic un lavoro utile anche per quando calcia in porta?
«Certo, perché oltre alla testa allena anche gli occhi, intesi come mira. E non ditemi che la mira non è importante. Credetemi, mettere un pallone all’angolino da 25-30 metri contro un portiere è persino più difficile che infilare il pallone nel canestro da sette oppure otto metri».

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