Ricordi, risate, battute: quanti amici-campioni per il libro di Mihajlovic

Da Stankovic a Mancini, da Totti a Ibra, da Moratti a Sabatini e Veltroni: “Un grande uomo, un vero combattente”

20 novembre – Milano

Non è stata solo la presentazione del libro autobiografico, “La partita della vita”, scritto insieme con il vice direttore della Gazzetta, Andrea Di Caro, ed edito da Solferino, ma due ore di grandi ricordi, di emozioni, di sentimenti veri. Per Sinisa Mihajlovic un tuffo al cuore, perché l’evento andato in onda in streaming sul sito della Gazzetta dello Sport è stato un’allegra rimpatriata con gli amici di sempre. Da Dejan Stankovic al c.t. azzurro Roberto Mancini, da Francesco Totti all’ex presidente interista Massimo Moratti, da Zlatan Ibrahimovic al dirigente Walter Sabatini. Fino a Walter Veltroni.

messaggio di speranza

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L’inizio della serata è stato tutto per Sinisa. “Non pensavo di dover scrivere questa autobiografia a 51 anni, mi ritengo molto giovane, ma visto come ho affrontato la malattia, l’affetto della gente e anche la possibilità di mandare un messaggio di speranza per chi si trova nella stessa condizione, ho deciso di anticipare i tempi. Adesso ho compiuto un anno, tra 50 anni scriverò un altro libro… Questo l’ho voluto scrivere soltanto dopo aver superato il Covid, perché non mi sembrava giusto scrivere una cosa senza sapere la fine. Come dice il Trap: non dire gatto finché non l’hai nel sacco”. “Con il primo pallone di pelle – che massaggiavo con la crema ogni sera prima di portarmelo a letto – ci giocavo a 2-3 chilometri di distanza da casa, e su quel campetto mi mettevo a calciare le punizioni. Avevo sempre un pallone di scorta che usavo davanti a casa, tirando contro il muro. E calciavo, calciavo, calciavo…”. “La Stella Rossa è stata un sogno, penso che ogni bambino da piccolo ha una squadra per la quale tifa e sogna di poter giocare in quella squadra. Io quel sogno sono riuscito a farlo. E con quella squadra ho addirittura vinto qualcosa di molto importante, la Coppa dei Campioni, la Coppa Intercontinentale. Non ci sarà mai più una squadra come quella. Era come vivere in una favola. Tutti siamo stati accolti come degli eroi, ma io ero giovane, l’idolo dei ragazzini. E’ stato l’anno e mezzo più bello della mia vita, non sarei mai andato via. E invece ho dovuto farlo”.

il rispetto di dejan

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Il primo ospite-amico della serata è stato Dejan Stankovic, allenatore Stella Rossa, ed ex compagno di Mihajlovic alla Lazio. “Quando noi vincevamo la Coppa dei Campioni, lui faceva il raccattapalle”, ha raccontato Sinisa. “Io lui lo guardo come un padre – ha detto Stankovic -, è un uomo importante per la mia vita, davanti a lui io mi alzo sempre in piedi. Per noi serbi Sinisa è un’icona, un idolo, un uomo con attributi grandi. Lo ha dimostrato più volte, ma soprattutto con la malattia, ha dimostrato come non si molla di un centimetro. E’ stata dura per la sua famiglia, ma anche per noi che gli vogliamo bene. Ogni giorno che passava, era una vittoria per lui, ma anche per noi. Sinisa rappresenta la Serbia, un popolo orgoglioso come la Serbia”. “A Dejan ho detto: resta dieci anni alla Stella Rossa, poi arrivo io per coronare anche questo ultimo sogno”, la chiosa di Sinisa.

il “gemello” Mancini

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“Mancini per me, dal punto di vista calcistico, è stato la persona più importante – ha detto Sinisa -. Ho giocato assieme a lui alla Sampdoria e alla Lazio, l’ho avuto come tecnico alla Lazio e all’Inter, poi mi ha voluto come secondo in nerazzurro. Lo considero anche mio grande amico, un’amicizia che dura da più di trent’anni”. “E’ stato quasi un matrimonio, dopo quello con Arianna”, ha detto sorridendo il Mancio, che ha anche annunciato di essere risultato negativo all’ultimo tampone. “Non c’è mai stata difficoltà a gestire uno come lui. La prima volta che ci siamo visti è stato in una Stella Rossa-Sampdoria, già allora pensavo di farlo venire a Genova, ma in quel momento non si poteva prenderlo. Pensavo che fosse un giocatore perfetto per noi. Ho iniziato a stimarlo come giocatore prima che come uomo. Si era creato questo feeling tra di noi, ci capivamo al volo. Io facevo il movimento e la palla arrivava sempre giusta, era un po’ più semplice fare gol”. Mancini è stato il primo a mandare un messaggio e ad andare a trovare Sinisa in ospedale. “Credo che l’amicizia – al di là di momenti di lontananza – quando è come la nostra non si può mai sciogliere. Ho sentito il bisogno di andarlo a trovare perché mi sembrava impossibile che uno come lui potesse avere una cosa così terribile”. “Chi porterei in nazionale tra Sinisa, Stankovic e Totti? Be’, due sono serbi, è facile… Noi abbiamo avuto la fortuna di giocare negli anni più belli della Serie A, il livello era molto molto alto, e tra i campioni c’era grande rispetto, grande stima. Per 20 anni il campionato italiano è stato il più bello in assoluto, la speranza è di rivedere un giorno in A così tanti campioni”.

le risate con totti

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In collegamento anche Francesco Totti, definito da Sinisa il calciatore più forte degli ultimi 20-30 anni. “Mi deve una cena perché è grazie a me se ha esordito in A nella Roma a 16 anni”. “Difficile in questo momento una cena… Posso un pranzo, al massimo”, ha scherzato Francesco. Sinisa ha raccontato: “Dico a Boskov durante una partita della Primavera giallorossa: vediamo questo ragazzino, è forte, portiamolo con noi domani a Brescia. Questo sarà forte. Lui ha accettato, poi a pochi minuti dalla fine ho detto al mister: dai, mettilo dentro. E lui: vieni qua, ragazzino. E si girò Muzzi…”. E giù risate. “Mi avete messo in mezzo a tutti i laziali – ha scherzato ancora Totti -. Tra noi c’è sempre stato rispetto, sia in campo sia fuori”. Sinisa provò a portare Totti alla Sampdoria e da allenatore a Torino. “Ci ho parlato, ma Francesco è stato subito netto, dopo Roma non poteva andare in altre squadre in Italia”. “Per rispetto della gente, ho deciso di smettere. Però mi sarebbe piaciuto, eh”. “Francesco deve stare dentro il calcio, non deve fare il procuratore”. “Ma se non mi vuole nessuno, che faccio?”, lo scambio di battute tra i due. “Prima o poi tornerà nella Roma”, l’inserimento di Mancini. “Diamo tempo al tempo, vediamo cosa ci riserverà il futuro…”, la risposta di Totti.

le carezze di moratti

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L’ex presidente dell’Inter, Massimo Moratti, ha raccontato che “era bello stare vicini a Mancini, Mihajlovic e Stankovic. Ho voluto bene a tutti, per me è stata una grande fortuna ad averli conosciuti. Sinisa è sempre stato un punto di riferimento in tutto, fuori e dentro il campo. Ho cercato di mettere Sinisa in panchina, ma poi era il periodo in cui stavo per andarmene, si vedeva che era bravo, sarebbe stata una bella scelta”. “Lei per me è stato come un padre”, l’abbraccio ideale di Sinisa.

il rapporto con ibra

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Verso la fine è arrivato anche Zlatan Ibrahimovic. “In un Juventus-Inter ci siamo beccati in campo – ha raccontato Sinisa -, volevo ammazzarlo, ho pensato tutto il peggio. Noi siamo due caratteri focosi. Per fortuna non è successo nulla, quando è arrivato all’Inter ho scoperto che è un bravissimo ragazzo e sono orgoglioso di essere un suo amico”. “Per me Sinisa è un grande uomo, prima di tutto, ho avuto la fortuna di conoscere la persona – ha detto Ibra -. Non c’è stato un colpo di fulmine, la prima volta, ma poi quando l’ho conosciuto all’Inter è stato amore dal primo giorno. Dicevo sempre: se vado in guerra, Sini va in prima fila e io come secondo”. Totti si è detto sicuro che Ibra “può giocare anche con una gamba sola fino a 50 anni, è un piacere vederlo ancora in campo”. E Mancini: “Zlatan e Francesco sono stati come Messi e come Cristiano Ronaldo, professionisti, per questo hanno giocato e giocano fino a 40 anni. Sono stati giocatori straordinari, Zlatan lo è ancora. A Zlatan lo aiuta il fisico, ma perché è stato grande professionista in tutto”. “Ibra ricorda me come quando io giocavo con mio figlio di 5 anni – ha detto Mihajlovic -. Gli altri giocatori di A sono come mio figlio di 5 anni davanti a Ibra…”. “Sinisa è stato più forte di me e lui ha passato forza a me – ha raccontato Zlatan, parlando del momento della malattia del tecnico del Bologna – quando c’è emozione dentro non è facile parlare. Quello che ti serve, dimmelo, faccio tutto. Dimmi quello che vuoi e arrivo, gli ho detto. Il Bologna ha fatto di tutto per prendermi, ma con lui sono stato onesto: non corro più come prima… Ma tu devi stare solo avanti e aspettare, mi rispondeva. Ha usato tutte le parole giuste per portarmi. E io gli ho detto che se fossi andato, sarei andato gratis, l’avrei fatto solo per lui, con il cuore. Alla fine è arrivato il Milan, ma la decisione non era se dovevo giocare con il Bologna o con altri, ma se dovevo continuare a giocare oppure no”.

sabatini e veltroni

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“Ho detto a Totti di smettere più volte, perché avevo paura di vederlo declinare dalle sue capacità, di vederlo tramontare in campo. Ma poi riflettendoci ho capito. Francesco, sei una delle cazzate che ho fatto nella mia vita, ho fatto un grande errore, ti chiedo scusa adesso dopo 5 anni”, ha esordito Walter Sabatini. Il dirigente del Bologna è stato anche la persona che fu costretto a dire a Sinisa che aveva la leucemia: “Dovevo dirgli che era un morto che camminava, non è stato facile. E lui mi ha risposto: adesso come faccio a dirlo a mia moglie? Non era preoccupato tanto per sé, ma quanto per la sua famiglia. Sinisa per il Bologna è una Ferrari”. Walter Veltroni: “Nel libro è raccontata bene la storia di Sinisa, che è stata dura, difficile. La sua posizione di condanna di ogni forma di violenza che sia stata perpetrata nell’ex Jugoslavia è abbastanza chiara. Sinisa è così, può piacere o non piacere, ma è un combattente, un uomo senza bambagia attorno, uno che con la vita ha fatto a spallate. Non sarebbe uscito dalla malattia se non avesse questo carattere. E io ho grande affetto per lui”.

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