Retroscena Napoli, Mazzarri rivitalizza Kvaratskhelia: cosa gli ha detto

Quel bacio sulla guancia è la fotografia del nuovo Napoli. Ancor più dell’abbraccio tra Kvaratskhelia e Mazzarri a fine partita. È il bacetto sulla guancia che rende l’idea del salto spazio-temporale avvenuto in appena quindici giorni. È come se il Napoli fosse entrato in un’altra dimensione. Dal grigio e mal sopportato formalismo che regnava con Garcia, al clima scolastico con gli studenti che abbracciano il professore e uno dei più bravi addirittura lo onora di un bacetto sulla guancia. Affetto. Più riconoscenza dell’autorevolezza e, perché no?, dell’autorità. In fondo Mazzarri è stato chiamato da De Laurentiis anche (o soprattutto) per svolgere il ruolo del buon padre di famiglia, per richiamare affettuosamente all’ordine quegli studenti che hanno dimostrato di saper essere i migliori. Di saper strappare applausi e “oh” di meraviglia. Ma che col nuovo professore proprio non riuscivano a comunicare e a sentirsi in sintonia.

Il periodo buio con Garcia

O capitano, mio capitano! Kvaratskhelia lo avevamo lasciato malinconicamente sulla panchina di Napoli-Empoli. L’ultima di una serie di scelte tanto bizzarre quanto autolesionistiche che hanno caratterizzato l’oscura gestione di Garcia. L’espressione un filo malinconica Khvicha l’ha sempre avuta: azzardando un po’ e senza soffermarsi troppo sui particolari, ci si potrebbe persino avventurare in una somiglianza con Buster Keaton. Ma triste come negli ultimi due mesi no, a Napoli non si era mai visto. Il tecnico francese a Genova, con una delle sue incomprensibili sostituzioni, era persino riuscito a cavargli un’espressione molto simile a un vaffa. A Khvicha il georgiano timido. Impresa al di là delle umane possibilità. Al ragazzo che lontano dal terreno di gioco si muove sempre in punta di piedi. Mai una parola fuori posto. Nemmeno quando ritira la busta paga e lo sanno anche le pietre che il suo stipendio è un’offesa agli dei del pallone.

Kvaraskhelia e la cura Mazzarri

Mazzarri ha restituito il sorriso al georgiano che Giuntoli è andato a recuperare in terre lontane, lo ha portato a Napoli per una manciata di milioni. Mazzarri gli ha detto: vai e gioca. E ha aggiunto: non stare solo sulla fascia, altrimenti ti raddoppiano, ti triplicano. E ti menano, come puntualmente avvenuto ieri come evidenzia il trattamento che gli ha riservato Hateboer. Accentrati, scambiati con Politano. E lui non se l’è lasciato dire due volte. Si è accentrato. Ha approfittato della disinvoltura di Scalvini e di testa l’ha messa alle spalle di Carnesecchi. Sì, di testa. Proprio come si era presentato lo scorso anno a Verona. Perché i grandi calciatori, anche quelli dai piedi sopraffini, di testa sanno colpire. Basta ricordare Maradona. O Zidane. I grandi calciatori sanno fare tutto. Ma devono sentirsi compresi. E se possibile coccolati. Devono sapere di poter fare affidamento su un interlocutore in grado di ascoltare e comprendere il loro linguaggio. Quel bacetto sulla guancia è la nuova fotografia del Napoli. È il simbolo del nuovo corso. Finalmente si nuota tutti nella stessa direzione. Nessuno sbuffo. Nessuna incomprensione. Verranno giorni meno lieti, è ovvio. Ma questa serata di Bergamo va segnata sul calendario con il circoletto rosso. E una bella foto ricordo da mettere in cornice.

Kvaratskhelia, gol e bacio a Mazzarri: nel Napoli è tornato il sorriso

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Kvaratskhelia, gol e bacio a Mazzarri: nel Napoli è tornato il sorriso

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