Reja e la prima volta a Wembley: “Premio alla passione, eppure volevo smettere”

Il tecnico 76enne dell’Albania oggi affronta l’Inghilterra: “Amavo i Beatles e George Best”

Dal nostro corrispondente Stefano Boldrini

12 novembre – LONDRA

Edy Reja debutta oggi a Wembley (a porte chiuse), in panchina con l’Albania, contro l’Inghilterra, a 76 anni: complimenti doverosi. “A Wembley ci sono stato solo una volta, da osservatore. A Londra ho trascorso solo un fine settimana, grazie a mia figlia Elisabetta, ma la professione e la passione per il mare mi hanno sempre tenuto lontano dall’isola britannica”.

Ricordi da calciatore?

“Una partita con l’Under 23, in squadra Bob Vieri, Anastasi e il mio amico Pasetti, col quale giocavo nella Spal. Parliamo del 20 dicembre 1967, a Nottingham, campo gelato. A fine gara tornammo in albergo, gli inglesi uscirono con mogli e fidanzate. Invidiammo la loro libertà. A quell’epoca noi dovevamo comportarci come frati. In Inghilterra erano gli anni dei Beatles”.

Quindi niente capelli lunghi.

“Alla moda concessi i basettoni e una chioma più mossa. Era già qualcosa. Ma mi piacevano i Beatles e lo spirito che emanavano le loro canzoni”.

In Inghilterra oggi il più scapigliato è il premier Johnson.

“Non mi entusiasma”.

E il calcio della Premier?

“Le risorse economiche e gli stranieri, giocatori e tecnici, hanno permesso al torneo inglese di diventare il più interessante del mondo. In Premier ci sono fior di campioni, ma anche ai miei tempi c’era un football di primo livello. Penso a Bobby Charlton, George Best e a quel mediano durissimo, Stiles”.

L’Albania si gioca una piccola speranza di accedere ai playoff, ma il sogno passa attraverso altri risultati.

“Siamo stati sfortunati nelle gare con la Polonia tra defezioni legate al Covid e il rigore negato”.

Si gioca a porte chiuse dopo gli incidenti della finale europea.

“La squadra di Southgate giocherà senza tensioni. Ho l’impressione che gli inglesi avvertano la pressione di Wembley”.

Vigilia tranquilla?

“Ci hanno negato la scorta, ma sul resto nessun problema”.

Che effetto fa debuttare a Wembley alla sua età?

“Premio alla passione. Dopo Catania, nel 2003, avevo deciso di smettere. Mi iscrissi al corso per prendere la patente nautica. Volevo girare l’Adriatico con la barca: la costa croata è fantastica. Una sera mi arrivò una telefonata di Cellino: mi offrì il Cagliari. Rifiutai, volevo godermi il mare, ma la stessa notte mi richiamò e il giorno dopo firmai il contratto. La carriera ripartì: Napoli, Lazio, Hajduk, Atalanta, Albania. Allenare mi piace: si sta a contatto coi giovani e sei connesso col mondo”.

Dagli anni 60 a oggi c’è stata una rivoluzione copernicana.

“Noi andavamo a fare le sabbiature a Grado. Ci ritrovavamo in tanti, oggi è impensabile”.

Rimpianti di quelle estati?

“Non aver parlato a lungo con Pasolini. Erano i tempi in cui si organizzavano le amichevoli con cantanti e gente del cinema. Lui era molto bravo, una ala veloce. Trascorreva le giornate a leggere sotto l’ombrellone. Si capiva che aveva una cultura enorme”.

Gli amici di una vita?

“Bruno Pizzul. Fabio Capello”.

Dopo Mancini e Marco Rossi, manca il terzo italiano per dare scacco a Southgate.

“Tempo scaduto. La saluto”.

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