Regole, trofei e giovani: ecco Clement, l’Inzaghi di Bruges

Vite allo specchio per i tecnici di Bruges e Lazio, che stasera all’Olimpico si giocano il passaggio agli ottavi. Ecco i segreti degli avversari dei biancocelesti

Guardarsi allo specchio stando in panchina, stasera andrà così. Simone Inzaghi e Philippe Clement, en garde. Due a cui l’estate del ’99 ha cambiato la vita, poi Lazio e Bruges gliel’hanno stravolta in positivo, sia in campo che in panchina. Questione di gavetta, trofei, due storie quasi uguali. Come l’età. Inzaghi ha 44 anni, Clement 46: hanno vinto il primo match in Champions da allenatori lo stesso giorno (20 ottobre). “Simoncino” contro il Dortmund e Philippe a San Pietroburgo. Nel ’99, l’estate d’oro, il primo firmò con la Lazio e l’altro col Bruges, inconsapevoli del fatto che sarebbero diventati due bandiere. Stasera, all’Olimpico, sarà una sfida da dentro o fuori. Chi vince va agli ottavi per la prima volta in carriera (in caso di pareggio passerebbe la Lazio).

PERCORSO

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Di Inzaghi si sa tutto, Clement è un po’ più schivo. Poche interviste, diverse polemiche. Dice sempre ciò che pensa. Una volta, dopo aver pareggiato 0-0 contro lo Standard Liegi fuori casa, si lamentò del terreno di gioco in toni duri: “Sembra un campo di quarta divisione…”. E giù critiche, anche perché paragona il trattamento dei giocatori dello Standard a quello di una partita di rugby: “Così non è calcio”. Difensore roccioso, dieci anni a Bruges da giocatore (gli stessi di Inzaghi, alla Lazio dal 1999 al 2010) e poi dritto in panchina. Gavetta. Clement ha iniziato dal basso, come vice, ma nel 2012 si è fatto le prime panchine tra i professionisti dopo l’esonero di Leekens. Vince e convince, ma quando arriva mister Garrido torna a fare l’assistente, restando lì per cinque anni (fino alla stagione 2016-17). Poi si stufa, molla tutto e firma con il Waasland in Serie A belga, il primo incarico da solo. “Il battesimo del fuoco”, dirà. Tempo sei mesi e finisce al Genk, una delle squadre più forti del Belgio. “È una sfida, sono qui per vincerla”. Così sarà: nel 2018-19 arriva primo davanti al Bruges e vince il campionato. In rosa, tra gli altri, anche Malinovskyi, preso come mezzala e piazzato trequartista: 13 gol. Clement vince il premio di allenatore dell’anno.

GIOVANI

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Tornare a casa e vincere. L’anno scorso Clement è rientrato alla base e ha vinto il campionato (in bacheca ha anche 9 trofei da giocatore). Ventinove partite, 21 vittorie e una sola sconfitta. La pandemia ha costretto la Pro League a chiudere i battenti prima della fine, ma il suo Bruges aveva comunque 15 punti di scarto sulla seconda (Gent). Capolavoro. Meno in Champions però, dove non ha vinto una partita ma si è tolto lo sfizio di pareggiare 2-2 al Bernabeu contro il Real. Emmanuel Dennis man of the match, uno che tre stagioni fa giocava in Ucraina con lo Zorya e poi ha segnato ai Blancos, esultando come CR7. Caratterino niente male: ha saltato la sfida di ritorno contro il Dortmund perché litigò per un posto sul pullman. Clement irremovibile: “Non ha rispettato le regole”. Fuori squadra. Anche se la stella più brillante è De Kateleare, esterno offensivo con due gol in Champions (entrambi allo Zenit, il primo decisivo). Anni 19, talento puro, Clement l’ha già battezzato come “fenomeno”. L’ha capito anche il Belgio, facendolo debuttare in nazionale a novembre. Altri? David Okereke, dalla D con la Lavagnese alla Champions League. Salto con l’asta fino alle stelle. Merito di Philippe, il primo a difendere “i suoi ragazzi”, come fa Inzaghi dal 2016. Negli anni ne ha lanciati diversi: Murgia, Strakosha, Palombi, Luiz Felipe. Alcuni sono ancora lì. Ennesima somiglianza di una carriera a specchio, chissà se lo sanno.

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