Quella ‘coppa mancata’. Wilson: “Che beffa!”

Cosa successe nella gara d’andata in Inghilterra? «L’Ipswich giocò molto meglio di noi, meritando ampiamente la vittoria. Però, due dei quattro gol segnati dagli inglesi erano irregolari. Siamo andati in Inghilterra anche con un po’ di timore reverenziale, cosa che abbiamo pagato con un punteggio pesantissimo (4-0). Già lì ci furono le avvisaglie di quello che sarebbe successo a Roma poche settimane più tardi, qualche ta eruglio così… Tutto questo ha provocato in noi una grande voglia di rivalsa».

Al ritorno credevate tutti nell’impresa? «Il nostro era un gruppo omogeneo che scendeva sempre in campo per vincere. Tecnicamente era una squadra forte, ma faceva del carattere la sua arma migliore. Non ve devamo l’ora di giocare la partita. C’era un grande spirito, tutti quanti sapevamo dell’importanza di quella gara e pur avendo sul groppone un 4-0 eravamo convinti di poter passare il turno».

Garlaschelli-Chinaglia, 2-0 dopo 26’. Poi cosa accadde? «Su una nostra azione offensiva Giorgio conclude a rete, sulla linea di porta un difensore prende la palla con le mani in tuffo. Eravamo tutti convinti fosse rigore – avremmo avuto la possibilità di andare sul 3-0 al primo tempo e “sicuramente” avremmo segnato il quarto – invece l’arbitro, che non sembrava molto nelle proprie facoltà, non fischiò: nacque un parapiglia incredibile. Protestammo tutti con veemenza: il rigore era troppo evidente, troppo chiaro per non essere concesso».

Nella ripresa l’arbitro Van der Kroft continuò il suo show. «Per giunta, nel secondo tempo, l’arbitro concesse all’Ipswich un rigore inesistente. Oddi non aveva neanche toccato l’avversario. Ci siamo ondati tutti intorno a lui. Ricordo che Frustalupi mi diede una spinta, andai a finire addosso all’arbitro che cadde per terra. Successe di tutto, siamo stati almeno 10 minuti ad accerchiare la terna. Se l’arbitro fosse stato in buona fede avrebbe dovuto espellere almeno 4 o 5 giocatori, cosa che non ha fatto. Ce la fece pagare con il pesantissimo referto, quando non aveva più alcun timore».

Nel frattempo il pubblico? «Sugli spalti c’erano 45mila persone, la gente era avvelenata quanto noi, tanto che dalla Tevere ci fu un lancio di arance. Venne in campo di tutto e ciò che non prendeva il segnalinee lo rilanciavamo in tribuna per essere poi rilanciato in campo. Visto il parapiglia, non riesco ancora a capacitarmi come l’arbitro non possa aver sospeso definitivamente la partita, forse aveva la coscienza sporca».

Gli avversari come si comportarono? «Credo che loro non sapessero che andavano a incontrare una squadra caratterialmente molto forte, nonostante il 4-0 subito all’andata. Durante la partita si sono resi conto di quello che stava succedendo e sono scappati quasi tutti di corsa negli spogliatoi, tranne qualcuno con cui abbiamo fatto a botte e non è finita bene. Credo che la forza caratteriale di quella squadra ha avuto un epilogo che, ahimè, dal punto di vista strettamente sportivo non ha senso, ma che in quel momento nessuno avrebbe potuto fermare. Loro se ne sono resi veramente conto quando l’arbitro ha schiato la fine».

Dopo la squalifica di un anno dalle competizioni europee non si riuscì a fare nulla? «Probabilmente nessuno pensava che avremmo potuto vincere lo scudetto. Rimase come un episodio isolato, per il quale se ti avessero punito o meno non sarebbe poi cambiato nulla. Invece vincemmo quello scudetto e rimanemmo senza Coppa dei Campioni. Nessuno ci diede una mano nel modo giusto: sarebbe stato anche giusto giocare una partita di Coppa in campo neutro o senza pubblico o avere una forte sanzione dalla Uefa… Il problema è che non ci hanno proprio dato la possibilità di giocare. A distanza di decenni ricordo episodi ancora più gravi puniti con una partita a porte chiuse o in campo neutro, accorgimenti giusti se presi in casi analoghi al nostro. Nell’arco degli anni, nonostante svariati episodi, nessuna squadra è stata mai espulsa dalla Coppa successiva dopo aver vinto lo scudetto. Fu una beffa clamorosa».

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