Quel dettaglio che divide De Laurentiis e Agnelli

Era il settembre del 2021, quando un distinto imprenditore parlò così delle tenere creature di Aleksander Ceferin, l’avvocato sloveno che presiede l’Uefa: «La Champions e l’Europa League non generano entrate sufficienti per giustificare l’adesione dei club». È uno stralcio ricavato da un’intervista al “Daily Mail” di Londra. Tutto qui? Vorrete scherzare. «Per essere competitivi servono rose di alto livello. Ciò significa che devi spendere di più e i premi in denaro del circo europeo non ne tengono conto. Ecco perché i dirigenti di settore invocano una formula più moderna e redditizia». Pausa. Un giro d’orizzonte e poi: «Bisogna diminuire gli impegni su scala nazionale; bisogna ridurre la taglia, obesa, dei rodei più prestigiosi. Inoltre, urge creare un campionato internazionale basato sulla democrazia dei piazzamenti domestici, stagione per stagione. Ho elaborato un progetto che, alla comunità, garantirebbe la bellezza di 10 miliardi di euro».

Stadio virtuale

Fuochi d’artificio, ultimi botti: «Noi italiani dobbiamo imparare dalla Premier. Se non cambiamo le regole del gioco e non lo rendiamo più brillante, meno ingessato, i giovani ci abbandoneranno e il calcio non sarà più il cuore del villaggio globale. Secondo la ricerca che ho commissionato i soggetti tra gli 8 e i 25 anni hanno smesso di guardarlo e gli preferiscono lo smartphone. Il web, i social e i telefonini sono diavolerie che hanno drasticamente trasformato i nostri figli. Non dico che la moda di assistere alle partite dal vivo morirà, ma ora abbiamo uno stadio virtuale che può attirare miliardi di potenziali clienti a “misurarsi” gli uni contro gli altri. Chissà se riusciremo a riconquistarli allo sport più famoso e influente del mondo».

Avanti popolo, alla riscossa

Un salto, adesso, a marzo 2023. Lo stuzzicano sui quarti di Champions, alludendo al derby tra Milan e Napoli: «Sono le fisime di un sinedrio senza testa. Non esiste che si affrontino squadre di uno stesso Paese. Se uno partecipa a una competizione del genere, lo fa per pesarsi con le migliori del continente. E che cavolo: o ci muoviamo compatti o rimarremo schiavi di un ministero». Avanti popolo, alla riscossa. E alla riscossione. Nel comporre l’identikit del Girolamo Savonarola in doppio petto, sono molte le tracce che portano al “fu” Andrea Agnelli. Molte, tranne una. La più profonda: la storia del «torneo democratico». L’oratore difende lo “ius soli” (i risultati del campo) dalla Superlega e dallo “ius bacheche” (la tradizione, i trofei) cari all’ex golpista. E allora: no, non era il rampollo di Umberto. Era, è, Aurelio De Laurentiis. Il padrone del Napoli quasi campione. Se escludiamo il dettaglio del numero chiuso – una trave, non proprio una pagliuzza – il resto combacia: la volontà di ribaltare il sistema, l’idea di un piano Marshall alternativo al potere della “banca” centrale. «I buoni del Tesoro (Bot) andranno in paradiso?», si chiedeva Gino Patroni nel libro “Il foraggio di vivere”. Aurelio gli avrebbe risposto alla Oscar Wilde: «Il paradiso lo preferisco per il clima, l’inferno per la compagnia». E il purgatorio? Evidentemente offriva poco. 

De Laurentiis: “Uefa folle e senza testa. Derby Champions ridicolo”

Guarda il video

De Laurentiis: “Uefa folle e senza testa. Derby Champions ridicolo”


Acquista ora il tuo biglietto! Vivi la partita direttamente allo stadio.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Precedente Haaland con le treccine, i social sono impietosi: “Sembra Greta Thunberg” Successivo Juve e udienza al Collegio: Figc guarda solo tra terzietà e “paura di ko"