Quanto vale un Mondiale senza i campioni d’Europa o Ronaldo?

Consentitemi, a fine anno, una riflessione vagamente superleghista: anche nelle cose cattive c’è del buono da cogliere. La fase finale del Mondiale 2026 sarà a 48 squadre, non più a 32, e fin qui è tutto chiaro. E allora, a tre mesi dalla possibile esclusione – sarebbe la seconda consecutiva – dell’Italia dal torneo per eccellenza, pongo alcuni interrogativi, alternandoli con considerazioni brevi ma intense.

La madre di tutte le domande è questa: quanto può valere tecnicamente e promozionalmente un Mondiale al quale non partecipano i campioni d’Europa in carica, per di più imbattuti nelle qualificazioni, o i vincitori dell’edizione precedente (il Portogallo di Ronaldo)? La risolvo con cinque punti. 

1) È senza senso rischiare l’esclusione di una o più nazionali tra le più forti al mondo, pur avendo a disposizione classifiche (ranking Fifa) e competizioni (tornei continentali) in grado di stabilire l’effettivo valore delle partecipanti.  
2) La Fifa è fin troppo attenta agli aspetti commerciali e elettorali delle competizioni che organizza. Eppure un Mondiale privato delle nazioni che hanno conquistato almeno una volta il titolo (Brasile 5, Italia e Germania 4, Argentina, Uruguay e Francia 2, Inghilterra e Spagna 1) va contro ogni logica e sminuisce il significato sportivo dell’evento stesso. La cosa diventa addirittura grave di fronte alla prospettiva di un torneo a 48 che comporta altro stress per il calendario internazionale imponendo ai calciatori un superlavoro moltiplicatore di infortuni.  
3) La qualificazione diretta dei vincitori di un Mondiale snellirebbe il calendario dei 5 principali campionati europei assicurando benefici di varia natura. Inoltre imporrebbe un’attenzione particolare al ranking mondiale per garantire la presenza delle prime 5 nazionali. Viva la meritocrazia.  
4) Se la Fifa intende organizzare il Mondiale ogni due anni deve rivedere la formula della manifestazione aprendo spazi e finestre. Le federazioni qualificate di diritto potrebbero peraltro essere ricompensate attraverso la concessione di un minimo garantito a copertura dei mancati incassi televisivi.  
5) Grazie all’ottimizzazione dei calendari i rapporti tra Fifa e Uefa potrebbero persino migliorare, spingendo i due organismi a dialogare con l’obiettivo di aumentare la qualità dello spettacolo. La Fifa otterrebbe vantaggi evidenti garantendo la presenza dei migliori al Mondiale; la Uefa, più spazio per le competizioni per club.  

Infine, senza alcuna malizia: perché un club deve essere obbligato a pagare lo stipendio ai giocatori che saltano numerose partite di campionato per partecipare alla Coppa d’Africa? Senza tener conto del rischio infortuni. Mondiali, Europei e Coppa America si disputano a stagione conclusa. De Laurentiis che ne pensa?  

Forse, se invece di essere un presidente “giovane” – lo si notava vedendolo accanto all’antico Ferlaino il giorno dell’inaugurazione del Maradona – avesse memorizzato i sacri testi nelle diverse versioni sfruttate in un secolo, consiglierebbe audace disinvoltura, colpi di scena cinematografici, soluzioni paradossali contrarie alle regole dettate dai saggi e dai furbi a seconda delle necessità. Ricorderebbe – collegandosi all’infortunio del sorteggio di Champions – l’efficacia della politica blatteriana delle Palline Calde o Fredde. Accompagnate da sorrisi, mescolati ai raggi di luce lanciati dagli occhi di Sophia Loren, indimenticabile sorteggiatrice di Italia Novanta. Quest’arte di arrangiarsi sin verguenza farebbe trovar posto e applausi in Qatar a Bonucci e a Ronaldo.  

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