Putellas, l’ex allenatore: “È una fortuna. Aiuta tutti a migliorare”

BARCELLONA – Papà Jaume e mamma Elisabet furono costretti a ricorrere a una piccola bugia per esaudire il desiderio della loro piccola Alexia: prendere a calci un pallone. Sul serio. Dopo aver rotto più di una suola e imbrunito più di qualche muro di Mollet del Vallés – il piccolo paesino, a 25 chilometri da Barcellona, dov’è cresciuta – la piccola Putellas si sentiva pronta per il grande salto. Il problema è che aveva ancora 7 anni, uno in meno di quelli necessari per essere tesserata dal Sabadell, il club dove tutto cominciò. E fu proprio suo padre a convincere la società catalana – non è dato sapere come, ma che importa? – che sua figlia aveva già compiuto otto anni. A raccontarlo, in più di un’occasione, è stata la stessa fuoriclasse del Barcellona, la migliore calciatrice del mondo: «La mia famiglia ha mentito un pochino per farmi tesserare». Benedetta bugia: 21 anni dopo non c’è nemmeno un appassionato di calcio che non sappia chi sia Alexia Putellas, la Golden Woman 2022 di Tuttosport che si è anche aggiudicata le ultime due edizioni del Pallone d’Oro. Il primo, conquistato a 51 anni di distanza da quello di Luisito Suárez, l’unico altro futbolista spagnolo ad averlo vinto, e impreziosito da una dedica speciale. Jaume, infatti, morì improvvisamente quando aveva 18 anni: «Voglio dedicare questo momento a qualcuno davvero speciale per me. La persona che mi spinge a fare tutto quello che faccio. Ovunque tu sia, spero che possa essere orgoglioso di me».

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La consacrazione

A scuola, Alexia, era la bimba a cui piaceva comandare: era lei a fare le squadre durante l’intervallo e i suoi compagni di classe non osavano contraddirla. Men che meno se avevano avuto la fortuna di essere stati inseriti nella sua squadra. Sono stati loro le prime vittime dei suoi caños, dei suoi tunnel. Nel cortile della scuola, la piccola Putellas non si è mai sentita discriminata: «Non ho mai avuto la sensazione di essere fuori luogo – ha assicurato in un’intervista al quotidiano El Mundo – . Erano gli amici di sempre, quelli del mio paese e mi consideravano una di loro. Giocavo sempre. E quando non ero io a fare le squadre ero sempre la prima a essere scelta». Attaccante e mancina, proprio come Lionel Messi, il suo idolo, sebbene prim’ancora della Pulga era stato Xavi Hernández a scaldare il cuore della tifosa culé che, assieme al compianto papà Jaume, non si perdeva una partita del Barça al Camp Nou. Ed è proprio in mezzo al campo che è arrivata la sua consacrazione, senza però rinunciare il vizio del gol: «È stato Lluís Cortés a decidere di spostarla definitivamente a centrocampo – sottolinea Oriol Dotras, giornalista de La Vanguardia che ha seguito da vicino la sua evoluzione – . La stagione della sua definitiva esplosione è quella del Triplete perché oltre a essere decisiva in campo diventa la leader dello spogliatoio ereditando la fascia di capitana da Vicky Losada». La chiamata che stava aspettando da una vita arrivò dopo essere rimasta quattro stagioni al Sabadell. Nel 2005, però, il club blaugrana non aveva ancora deciso di scommettere in maniera decisa sul calcio femminile. Prova ne sia che, l’anno successivo, Alexia fu costretta a trasferirsi all’Espanyol perché il Barcellona aveva deciso di tagliare la squadra della sua categoria.

Un palmarés ricchissimo

Le cinque campagne sulla sponda opposta della capitale catalana le servirono, però, per completare la sua formazione a tal punto che il Levante decise di portarsela a Valencia, facendola debuttare in Primera división ad appena 17 anni. Nei 34 incontri disputati con le ‘granotas’, Putellas segnò 15 gol che le valsero il ritorno a casa: «Quando sono tornata non vincevamo mai». La passione per i colori blaugrana, tuttavia, la convinse ad avere pazienza. E non c’è dubbio che ne sia valsa la pena. Forse, infatti, nemmeno lei avrebbe potuto immaginare che sarebbe riuscita a vincere tutto, sia con il proprio club che a livello individuale, e che un giorno avrebbe giocato una semifinale di Champions League al Camp Nou davanti a 91.648 spettatori: «Da allenatore ho avuto la fortuna di imparare molto da lei – assicura Cortés, tecnico del Barça del Triplete e attualmente ct dell’Ucraina – . È una calciatrice totale. Nonostante giochi a centrocampo, infatti, segna ancora tanti gol ed è fondamentale in fase di costruzione del gioco. Ma se c’è una cosa che la rende speciale è che aiuta le compagne di squadra a essere migliori perché è ambiziosa ed esigente sia con se stessa con gli altri». Per completare un palmarés già ricchissimo (14 trofei), manca solo un trionfo in nazionale, sebbene i problemi fisici e la complicata relazione tra le migliori calciatrici spagnole e il ct Jorge Vilda non giocano a suo favore: «L’infortunio rimediato alla vigilia dell’Europeo è stata bella botta per lei – ammette Dotras – . Per la prima volta nella storia la Spagna poteva essere considerata come una delle favorite al titolo. Se tornerà forte come prima? Difficile dirlo, anche perché per le donne l’infortunio al crociato è ancora più grave che per gli uomini. Ma sono convinto che il talento e il dna competitivo l’aiuteranno a tornare al top». Dello stesso avviso Cortés: «Ho parlato con lei e mi ha detto che sta facendo di tutto per recuperare il suo livello. E quando si mette una cosa in testa…».

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