Promesse, debiti, fughe I fallimenti del Pavia cinese

Non è tutto Cina quel che luccica. Se interisti e milanisti sognano con i denari provenienti dall’Oriente, a pochi chilometri di distanza la prima tappa della “Pechino express” del pallone non ha avuto il lieto fine. Ieri, il giudice Paola Filippini del Tribunale di Pavia ha decretato ufficialmente il fallimento dell’Ac Pavia 1911. La favola ‘made in China’ che aveva fatto sperare una città intera si è tramutata in meno di due anni in una sorta di incubo per i tifosi pavesi, costretti a ripartire in estate dall’Eccellenza. E ancora riecheggiano in città le promesse dell’ex presidente Xiadong Zhu, che nel giugno 2015 annunciò di voler portare il Pavia in Serie A entro cinque anni.

la genesi — Il 3 luglio 2014 il fondo di investimenti cinese Pingy Shanghai, tramite l’imprenditore Xiadong Zhu e Qiangming Wang (medico riabilitativo residente a Milano), rileva la società per 1 euro dalla famiglia Zanchi. Il Pavia diventa così il primo club italiano di proprietà cinese. Ed è subito boom mediatico: televisioni, radio e giornali accendono i riflettori sulla formazione di Lega Pro. Il giorno della presentazione in Comune, siamo al 12 luglio, ecco la prima di una lunga serie di promesse: “La squadra in Cina avrà da ora 50 milioni di tifosi. Porteremo alla città di Pavia tante risorse, oltre al calcio abbiamo altri progetti importanti sull’asse Italia-Cina”. L’epilogo sarà decisamente diverso.

giusto un film — L’unico progetto portato a termine, infatti, è stato “Magic Card”, commedia cinematografica girata nella città pavese con protagonista Maria Grazia Cucinotta e proiettata in Oriente nel 2015 con risultati poco brillanti ai botteghini. Un buco nell’acqua, invece, il sogno di uno stadio polifunzionale da 20mila posti, con il progetto ufficiale per il nuovo impianto mai arrivato sulla scrivania del sindaco Depaoli. Epilogo più amaro per “Casa Pavia”, lo store aperto nel cuore della città, in Piazza Vittoria, e chiuso solo 35 giorni dopo l’inaugurazione con 5 dipendenti ingaggiati e lasciati subito disoccupati.
i debiti — Veniamo ai tasti dolenti: come decretato dal Tribunale di Pavia i calciatori vantano spettanze pari a 2,5 milioni, mentre i dipendenti non tesserati del club avanzano ancora 100mila euro di arretrati. Addirittura si mormora che i debiti della società ammontassero a 10 milioni di euro. Per scoprirlo bisognerà attendere il 18 gennaio 2017, data in cui è prevista l’udienza per l’esame passivo. Da mesi l’ex presidente Zhu, rientrato lo scorso aprile in patria, ha fatto perdere le proprie tracce. Una uscita di scena volta a non compromettere gli investimenti immobiliari nella città di Milano, nello specifico “I Giardini d’inverno”, grattacielo da 110 appartamenti di lusso in zona Pirellone. Un progetto immobiliare da 300 milioni. Con il calcio che avrebbe dovuto fungere da volano promozionale.
doppia identita’ — Per evitare il boomerang mediatico, nell’ultimo mese di vita (lo scorso giugno) la società è stata ceduta dai cinesi per la cifra simbolica di 1 euro all’imprenditore romano Alessandro Nucilli. Che non è riuscito a scongiurare il crack della società, catturando i titoli dei giornali per aver tentato in passato di acquistare il Siena con un’altra identità, quella di tale Alessandro Monzi. Dalla Cucinotta al presidente dalla doppia identità, passando per una quarantina di calciatori e cinque allenatori ingaggiati: in questi anni a Pavia ne hanno viste di tutti i colori. Con un’unica amara certezza: le promesse cinesi si sono rivelate essere illusioni e il club è sprofondato pieno di debiti nel baratro dell’Eccellenza.

 Nicolò Schira 

Precedente “Una vergogna”, “autogol” Sponsor Italia, che critiche Successivo Maran: "Il mio Chievo? Tre segreti. E la voglia di fare sempre la partita"