Pogba, la Juve e un gesto d’onore che potrebbe servirgli

La stagione del centrocampista è stata un calvario, andare incontro al club in questa situazione porterebbe benefici a entrambi

Paul Pogba deve molto alla Juventus. Saremmo tentati di dire che le deve tutto, ma non vogliamo marginalizzare in modo assoluto ciò che apprese al Manchester United quando era un ragazzino arrivato dalla Francia. Proprio dallo United se ne andò diciannovenne, a parametro zero, per approdare appunto nel club bianconero, dove lo aveva portato la buonanima di Mino Raiola, che era il suo mentore, e dopo che entrambi erano arrivati ai ferri corti con Sir Alex Ferguson. Era l’estate del 2012, sembra una vita fa, e un po’ lo è. Quel Pogba era un ragazzone che tanto prometteva e ancora di più avrebbe mantenuto nel suo quadriennio bianconero, che gli diede gloria, risultati, popolarità e ovviamente danaro.

Dapprima sotto la guida di Antonio Conte e poi con Max Allegri, con il quale stabilì un rapporto giocoso, pur nell’assoluto rispetto dei ruoli, che li portava a sfidarsi a basket e nei tiri alle “porticine” (il mister lo batteva regolarmente…), Pogba affinò il proprio talento, immenso, crebbe nelle conoscenze tattiche e s’impose come uno dei migliori centrocampisti della sua generazione. Risultato: quattro scudetti, coppe e coppette varie e la finale di Champions di Berlino persa col Barcellona, che resta ancora l’unica giocata dal campione francese.

Tra Torino e Manchester

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Quando, nel 2016, il Manchester United venne a riprenderselo, sborsando la cifra record di 105 milioni – con una ricchissima commissione per Raiola e una strabiliante plusvalenza per il club – ai più sembrò che si trattasse del naturale svolgimento della parabola di un fuoriclasse, che raggiungeva il campionato più ricco del mondo, lasciando rimpianti nei tifosi che lo avevano visto all’opera, ma anche la consapevolezza che a un’operazione del genere non si potesse dire di no. Sorvoliamo rapidamente su quelli che sono stati i successivi sei anni di Pogba allo United, certamente non all’altezza delle aspettative, sia dal punto di osservazione del giocatore, sia dalla prospettiva dello United. In estrema sintesi, si può dire che a Manchester il Pogba degli anni torinesi lo hanno visto di rado, sicuramente non in modo continuativo. Non è parso strano così che, all’approssimarsi della scadenza del contratto, diventasse sempre più insistente la possibilità di un ritorno del francese sotto la Mole.

Il contrario

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Indro Montanelli diceva che l’assassino torna sempre sul luogo del delitto… E del resto tutti, prima o poi, l’abbiamo sperimentato: ricercare luoghi, persone, situazioni che ci hanno dato gioia in precedenti momenti della vita. Ed è quello che ha voluto fare anche Pogba, e con lui la Juve, quando l’estate scorsa si è accordato per fare rientro alla base bianconera. Ancora una volta a parametro zero, con un contratto fino al giugno del 2026 e 8 milioni netti a stagione più di 2 di bonus. Tifosi in festa, Pogba raggiante e club convinto d’aver replicato l’antico affare. Le cose non sono andate così, anzi è avvenuto l’esatto contrario: prima l’infortunio al ginocchio destro, gestito malamente dal francese, poi il lungo recupero e quando sembrava finalmente arrivato il momento buono, nuovi stop, fino all’ultima ricaduta. In mezzo anche comportamenti non esattamente professionali da parte di Paul, con l’amore dei tifosi tramutatosi in fastidio e la pazienza della società sempre più sottile.

Il bel gesto

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È chiaro che l’operazione si è rivelata fallimentare, sotto tutti i punti di vista. Non ultimo quello economico, evidentemente. Ma almeno qui, Pogba potrebbe sfoderare un vecchio colpo dei suoi, cercando di andare incontro al club. Visto che quest’anno ha giocato la miseria di 35 minuti, potrebbe almeno rinunciare ai bonus previsti dal contratto, come il club gli ha già chiesto di fare, senza ottenere alcuna apertura. Non si pretende che si sospenda lo stipendio, come fece il grande Fernando Redondo quando si trasferì dal Real al Milan e venne subito bloccato da un grave infortunio. Né che giochi al minimo contrattuale, come decise Damiano Tommasi, alla Roma, rientrando da un lungo stop. Oppure che lasci un mese di stipendio da 250.000 euro come ha fatto, sempre al Milan e in tempi recenti, Mario Mandzukic. Ma un segno, una mossa, un gesto d’onore, come si sarebbe detto una volta, sarebbe auspicabile e anche – ci permetta Pogba – dovuto. Certo, ai fini pratici non cambierebbe granché perché il 2023 ormai è andato e ridursi lo stipendio non riporterebbe indietro le lancette dell’orologio. Ma per il futuro, sì che conterebbe. Avrebbe il significato di un piccolo risarcimento nei confronti del club che lo aveva riaccolto, la gente apprezzerebbe e persino Paul potrebbe sentirsi un po’ sollevato, ora che le contrarietà ne hanno fiaccato il morale. Ci pensi, c’è tempo.

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