Pioli stile Mourinho e il Milan è in semifinale

Il 28 aprile 2010, quando l’Inter di Mourinho eliminava il Barcellona nella semifinale di Champions League, il giovane allenatore Pioli aveva altro a cui pensare. Stava preparando la trasferta di Padova col Sassuolo, campionato di Serie B, e chissà se quella sera riuscì a dare un’occhiata a quanto accadde al Camp Nou. Si parla di tredici anni fa, calcisticamente un’altra epoca, eppure la partita del Milan al Maradona ha ricordato proprio quella sfida straordinaria. Sul piano tattico, si possono sovrapporre. Su quello tecnico la differenza c’è: l’Inter di Mourinho aveva giocatori più forti del Milan di oggi, ma anche il Barcellona aveva… qualcosina in più del Napoli, aveva Messi, il vero Messi, tanto per dire.

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I numeri delle due sfide

Prendiamo i numeri: possesso palla dell’Inter contro i blaugrana 27 per cento, possesso palla del Milan 35 per cento, 1 tiro dell’Inter e 6 del Milan, 22 tiri del Napoli e 20 del Barcellona, 2 calci d’angolo dell’Inter e 1 del Milan contro i 9 del Barcellona e i 16 del Napoli. Ma è stato soprattutto lo sviluppo della partita che ci ha riportato a quella serata incredibile, quando Mourinho, mentre l’arbitro stava cacciando Thiago Motta e la panchina del Barcellona stava festeggiando, andò da Guardiola e gli sussurrò in un orecchio: «Non fate festa, perché questa partita non è finita». Pioli non indossa lo stesso personaggio di José, ha proprio un altro carattere, ma l’idea del calcio li accomuna. «Loro muoiono dalla voglia di pressare per rubare la palla nella nostra metà campo, ma se noi la palla non ce l’abbiamo come fanno a pressarci?», spiegò Mourinho a fine partita. Li mandò fuori giri, come ha fatto il Milan col Napoli. Anche perché come l’Inter allora, pure il Milan martedì giocava il ritorno con un risultato da difendere, 3-1 per i nerazzurri, 1-0 per i rossoneri. E il Napoli, che aggredisce anche i panchinari, è andato a sbattere sul muro milanista.

La strategia tattica

Mourinho usò il suo centrocampista più tattico, Cambiasso, per chiudere i varchi davanti alla difesa, Pioli ha usato Krunic per marcare a uomo Zielinski. Sia José che Stefano sapevano di perdere un riferimento prezioso nell’avvio dell’azione, ma la missione aveva uno scopo preciso: annullare la tecnica degli avversari. Così il gol di Osimhen al 92′ ha avuto lo stesso effetto di quello di Piqué all’84′, non è servito a niente. Certo, poi ci sono gli episodi e gli atteggiamenti individuali che decidono, il rigore non fischiato per il fallo su Lozano, la testardaggine di Kvaratskhelia che saltava Calabria al primo spunto ma cercando il secondo dava il tempo alla difesa di raddoppiare, l’impalpabile presenza di Osimhen fino al gol di fine partita, l’assenza di Kim e Anguissa e dopo mezz’ora di Mario Rui e Politano, tutto questo va ricordato perché fa parte della gara. Però resta il senso generale e il senso di Pioli è chiaro: tenetevi la palla e datemi il campo, perché nel campo Leao può farvi male. Mourinho, più perfido di Stefano, disse alla fine: «Loro felici con la palla, noi felici a Madrid», dove l’Inter vinse la Champions League.


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