Pioli e Inzaghi ripartono con due vittorie, ma che differenza tra Milan e Inter

Il gioco corale, l’imprevedibilità e la brillantezza sono il marchio dei rossoneri. Singoli e forza fisica la forza del gruppo di Inzaghi, ma non sempre bastano

Milano riparte vincendo. Anche se in modo molto diverso. Il Milan campione diverte, segna, sbaglia qualcosa, ma convince, riprendendo esattamente da dove aveva lasciato lo scorso anno, anzi dando forse sensazioni anche migliori. L’Inter invece ritrova il suo totem e leader, Lukaku, ma poi gioca sotto ritmo, non crea, si fa riprendere e porta a casa i tre punti all’ultimo secondo, mortificando la bella prova del Lecce, beffato al 94’. Gioco corale e imprevedibilità sono il marchio rossonero. Singoli e forza fisica quello nerazzurro.

Serenità

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Pioli, una settimana fa ospite in Gazzetta, aveva trasmesso la serenità dei forti. Parlando della sua squadra gli brillavano gli occhi. Convinzione nei propri mezzi, nella disponibilità e generosità che mettono i giocatori (“In allenamento devo frenarli per quanto vanno forte”), nessuna paura degli avversari perché – diceva Pioli – “se facciamo ciò che sappiamo, non temiamo nessuno”. Ecco quelle sensazioni lasciate nell’aria in un forum in redazione le abbiamo ritrovate tutte in campo. Il Milan è sicuro di sé, della sua forza, si diverte a giocare, ha varietà di manovra, partecipazione collettiva, entusiasmo. Ieri è andato sotto subito, ha recuperato in fretta, si è visto riprendere a fine primo tempo, ma nel secondo ha ricominciato a giocare la sua partita senza contraccolpi. Qualche sbavatura dietro, ma solo perché la squadra ha un baricentro alto, volto ad offendere e non a difendere. Pochi punti di riferimento per gli avversari, velocità di esecuzione, strappi, triangolazioni. E soprattutto seconde linee all’altezza. Sempre Pioli, incalzato in Gazzetta dalle domande su Ibra, Giroud, Origi, De Kateleare, pur elogiandoli sottolineava: “Nessuno ha il posto fisso, siamo giovani e pieni di entusiasmo. Se Giroud gioca bene, fa il titolare. Altrimenti gioca Rebic…”. Già Rebic. Detto, fatto: doppietta alla prima. Con lui, sugli scudi, anche Diaz. Nella ripresa spazio ai nuovi acquisti e Giroud.

Domande da farsi

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La giostra Milan gira con allegria. Inzaghi invece, come ha onestamente ammesso a fine partita dovrà chiedersi e chiedere ai suoi “perchè ci siamo ridotti a vincere al 95′”. Una partita, peraltro, che si era messa subito benissimo. A Lukaku erano bastati 150 secondi per tornare al gol in campionato. Come se la maglia nerazzurra fosse per lui il mantello di Superman. Tutti si aspettavano che l’Inter a quel punto alzasse il ritmo, cercasse il raddoppio, chiudesse la pratica e vincesse in modo largo. Invece ha permesso a un Lecce ordinato di rimettersi in pista, creare qualche pericolo e di pareggiare. Il forcing finale, facilitato da 5 cambi di livello troppo più alto rispetto alla panchina leccese, ha portato ad alcuni angoli consecutivi, l’ultimo dei quali ha punito i giallorossi. Inter “bruttina” ma vincente. Partire col piede sbagliato avrebbe subito fatto storcere il naso, ma vincere così deve aprire a quesiti che chiedono risposte. Se l’Inter abbassa il ritmo diventa un carrarmato stanco. Inzaghi ha avuto a disposizione i nuovi acquisti dall’inizio della preparazione, ma ieri non si è visto. Nelle altre due gare di giornata, sorride il calcio di Gasperini e Juric, tecnici che si somigliano in campo e fuori. Vittorie nette in trasferta, impreziosite dal primo gol di Lookman a Genova e dalla carezza con cui Miranchuk ha siglato il raddoppio a Monza. Questo sabato di campionato e di conferenze di vigilia ha evidenziato anche stili diversi tra gli allenatori. Ci sono i perenni incontentabili, sempre pronti a puntare il dito verso i propri club perché pretendono altri acquisti o lamentano siano arrivati tardi (Juric, Gasperini, Mourinho). E altri, come Mihajlovic, (bentornato in panchina!) che pur privati di pezzi importanti chiedono ai tifosi di fidarsi della società perchè “c’è ancora tempo”. Ognuno scelga lo stile che preferisce.

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